Teatro Zairo in Prato della Valle, ultima visita poi lo scavo chiude

PADOVA. Quello che doveva e poteva emergere del teatro romano Zairo, acquattato in parte sotto l’isola Memmia e in parte sotto l’asfalto del Prato della Valle, è emerso. I lavori, iniziati a giugno, poi fermati e ripresi da un mese, hanno consentito di svuotare la canaletta.
Dopo di che è iniziata la fatica di braccia e badili di 20-25 giovani archeologi tra studenti, dottorandi, specializzandi in tute bianche istoriate da schizzi di fango. Palata dopo palata, hanno tolto il limo che le pompe non potevano asportare in sicurezza. E le strutture sono venute alla luce: si tratta di dieci muri radiali che sostenevano le gradinate dello Zairo, del corridoio mediano e della grande massa a sostegno delle gradinate più basse. Oltre ai piani di calpestio, ovvero i pavimenti. Il tutto relativo alla parte di teatro che guarda verso il Santo.
«Ogni notte l’acqua torna dalle risorgive nella canaletta e ogni mattina le pompe la tolgono. Ma ce l’abbiamo fatta. Abbiamo anche scoperto che tra i muri radiali ci sono spessori di laterizi, cosa che non si sapeva. E con i carotaggi stiamo cercando di studiare le fondamenta del teatro, che sono palafitte di legno. Come a Venezia», spiega Jacopo Bonetto, direttore del Dipartimento di Archeologia e direttore dello scavo in Prato con Caterina Previati, in collaborazione con Elena Pettenò, responsabile della Sovrintendenza e Francesca Veronese per i Musei Civici. Insomma, Università, Sovrintendenza e Comune tutti assieme, archeologicamente.
«Lo Zairo ha un diametro di 95 metri e un’estensione di circa 110 metri. Altezza tra i 15 e i 18 metri. Conteneva tra i 5 e i 7 mila spettatori. Il palcoscenico è sotto la strada. Abbiamo usati i droni per i rilievi tecnologici» continua Bonetto. Intanto, tutti i giorni dalle 11 alle 13, un paio di archeologi sono a disposizione di chi voglia saperne di più e domani alle 11 tutto lo staff degli archeologi coinvolti nelle operazioni sarà per l’ultima volta a disposizione del pubblico per far conoscere i risultati delle ricerche. Dalla prossima settimana, infatti, nella canaletta tornerà a scorrere l’acqua. Al termine della visita al cantiere saranno messi a disposizione i visori per la visita virtuale nella Padova romana. Sempre gratis.
Era il teatro di Patavium, lo Zairo, un grande semicerchio sistemato in posizione strategica, fuori dall’abitato ma non troppo, vicino alle vie di collegamento e vicino all’importante tempio che ora giace sotto l’istituto Marconi in via Manzoni. In cartellone, con probabile cadenza settimanale, c’erano le commedie degli autori più in auge (Plauto, Terenzio per intendersi) ma non solo. «Nei teatri come lo Zairo» continua l’archeologo «si riunivano anche i consigli cittadini e si celebravano festività religiose. Per esempio le sacre rappresentazioni in onore di Giunone: dopo la processione tutti convergevano nel teatro dove il celebrante terminava il rito».
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