Teleconsulti per tagliare le liste d'attesa al centro di procreazione assistita di Padova

Il servizio di teleconsulenza ha notevolmente accorciato i tempi di attesa e permesso di recuperare i tre mesi di stop forzato dovuto all'emergenza Coronavirus

PADOVA. Uno dei primi medici che ha deciso di puntare sul sistema innovativo della telemedicina è la ginecologa Alessandra Andrisani, responsabile del Centro di Procreazione medicalmente assistita dell’Azienda ospedaliera di Padova.

Nel suo reparto già da una ventina di giorni i suoi pazienti possono usufruire di un servizio di teleconsulenza che ha notevolmente accorciato i tempi di attesa e permesso di recuperare i tre mesi di stop forzato dovuto all'emergenza Coronavirus.

Dottoressa Andrisani innanzitutto che cos'è la telemedicina?

«È un sistema fluido e facile sia per il paziente che, rimanendo a casa, non deve far altro che ricevere la nostra mail e accettare il collegamento sulla piattaforma Ealth Meeting, sia per noi medici che abbiamo la possibilità di visitare in maniera più snella, vedere gli esami dei pazienti in tempo reale, non occupare ambulatori che possono essere usati per le visite che richiedono la presenza del paziente.

In quali casi si può usare la teleconsulenza al posto della visita tradizionale?

«Si può utilizzare quando si tratta di una consulenza e quando non c'è bisogno della visita vera e propria. Capita spesso che il paziente venga in ospedale solo per portare degli esami, discutere con il medico sulle terapie o i trattamenti da effettuare, senza che ci sia il bisogno della visita fisica. In tutti questi casi lo strumento della videoconsulenza è ottimo».

Come nasce questa nuova frontiera all'ospedale di Padova?

«Le videoconsulenze sono state una proposta del direttore generale Luciano Flor, a cui personalmente ho subito creduto moltissimo e per cui mi sono battuta. Il direttore aveva già da un po' di tempo questa idea, per modernizzare il sistema e per agevolare le visite. Il periodo di emergenza coronavirus, con le visite non urgenti sospese e l'accumularsi del lavoro, ci ha dato la spinta per strutturare finalmente questo sistema».

Quali sono statele difficoltà che avete incontrato?

«Sicuramente prima di partire abbiamo dovuto trovare un sistema che garantisse al massimo la privacy e i dati sensibili dei pazienti. E poi bisognava far sì che la prestazione del medico venisse registrata nel sistema e quindi riconosciuta».

Quando avete iniziato a utilizzare le videoconsulenze e in quali reparti?

«Io ho iniziato una ventina di giorni fa. Oltre a me, offre il servizio di telemedicina il professor Umberto Cillo, direttore dell'Unità operativa di Chirurgia epatobiliare e trapianti di fegato dell'Azienda Ospedaliera, un luminare.

Lui, ad esempio, ha pazienti che vengono da tutta Italia che, mentre prima dovevano fare un viaggio per parlare con lui, adesso possono farlo direttamente da casa. Ma a breve partiranno anche altri reparti».

Quanto dura una visita in telemedicina?

«Di solito sui 20-30 minuti. Le visite sono molto più rapide perché il medico ha già visionato gli esami dei pazienti, spediti qualche giorno prima. Con la visita tradizionale il medico deve leggere i risultati nel momento della visita stessa».

Quante visite riuscite a fare in un giorno con la telemedicina?

«Anche 15 in un giorno. Se prima in una giornata riuscivo a fare 3 prime visite e 3 controlli, oggi riesco a fare 12 visite di controllo. Mai avremmo pensato di fare così tante consulenze in un solo giorno».

Questo le ha permesso di recuperare lo stop dei mesi scorsi?

«Certamente. La scorsa settimana sono riuscita a recuperare tutte le consulenze rimaste indietro in questi mesi. Il mio reparto è stato uno dei primi a sospendere visite e trattamenti, tranne per i casi di preservazione della fertilità in donne oncologiche».

I pazienti come hanno colto questa nuova possibilità?

«L'80% dei pazienti che è stato contattato dall'ospedale e a cui è stato chiesto se era disponibile a fare la videoconsulenza ha accettato di buon grado e si è dimostrato anche molto soddisfatto».

Quali sono a suo parere i punti forti di questo nuovo sistema?

«Sono molti: si accorciano i tempi di attesa per una visita perché si riescono a fare molte più visite in un giorno, si riesce ad avere un minor numero di persone in ospedale, chi viene da lontano non deve più farsi carico di un viaggio ma può parlare con il medico direttamente da casa sua, c'è meno confusione ed è ridotto l'impatto sociale. Credo tutto questo avrà una grande valenza per il futuro».

Lei si occupa di Pma (procreazione medicalmente assistita), come riesce a utilizzare la telemedicina?

«Io lavoro con le coppie. Dopo un primo incontro, dove è necessaria la presenza perché si svolgono anche un paio di esami, ci sono degli altri momenti in cui la presenza fisica non è necessaria. Ad esempio le coppie devono fare una lunga serie di esami prima di intraprendere un trattamento. Questi esami devono essere visti dal medico che deve poi discuterne con la coppia.

Ecco questa parte si può fare a distanza. Oppure al termine di un trattamento non andato a buon fine, il medico deve valutare con la coppia cosa fare. Anche in questo caso vale la telemedicina».

Alla fine della visita il medico rilascia qualcosa al paziente?

«Compare sullo schermo del medico un verbale. Il medico non fa altro che redarre una relazione su ciò di cui si è parlato. La relazione rimane al medico e viene inviata al paziente via mail tramite un link sicuro, per quanto riguarda privacy e dati sensibili, da dove si può scaricare».

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