Tentata estorsione Titolare del Tinello finisce nei guai

Lui, l’ex datore di lavoro, è finito sul banco degli imputati per tentata estorsione e lesioni personali. Lei, l’ex dipendente, si è costituita parte civile e reclama i danni. A dividerli una lite...

Lui, l’ex datore di lavoro, è finito sul banco degli imputati per tentata estorsione e lesioni personali. Lei, l’ex dipendente, si è costituita parte civile e reclama i danni. A dividerli una lite avvenuta il 15 settembre 2009 ricostruita in modo diverso dall’uno e dall’altra. Lite che ha coinvolto in un brutto guaio Rodolfo Zordan, 51 anni, titolare del ristorante “il Tinello” di via Ognissanti, che ha chiesto di essere giudicato con rito abbreviato.

L’udienza è in corso e la pubblica accusa ha chiesto una condanna a due anni e due mesi. Il 23 aprile toccherà alla difesa, gli avvocati Emanuele Fragasso e Massimo Munari, poi la sentenza affidata al gup Sonia Bello. A presentare la denuncia è stata L.L., 42 anni marocchina (tutelata dal legale Marina Infantolino), assunta come lavapiatti nella cucina del ristorante.

Il 15 settembre di tre anni fa, durante il turno di lavoro, Zordan, stanco delle numerose assenze della lavoratrice giustificate da certificati medici, avrebbe avvicinato L.L. – almeno secondo il capo d’accusa – dicendole «Guarda signora che sono stufo e non voglio vederti più! Mi dai il licenziamento?» invitandola a firmare una dichiarazione con le proprie dimissioni dopo averle dato uno schiaffo e concludendo il tutto con la frase «Licenziati, se no ti ammazzo».

Al rifiuto della donna, Zordan avrebbe reagito colpendola sulla testa con il calcio di una pistola: il referto del pronto soccorso indica “un trauma cranico commotivo e del rachide cervicale”. Alcuni giorni più tardi gli investigatori sequestrarono due pistole a salve nell’abitazione del ristoratore, una delle quali sarebbe stata riconosciuta dalla vittima.

La difesa contesta questa ricostruzione. Spiega l’avvocato Massimo Munari: «La signora non è mai stata nelle condizioni da lei dichiarate tant’è che la polizia, chiamata sul posto, si rifiutò di chiamare l’ambulanza. E sul referto dei medici è stato anche messo un punto interrogativo. Il nostro assistito sostiene che la signora si è data il coperchio di un vaso in testa dopoché lui le aveva detto di volerla licenziare. Una vendetta? Non va dimenticato che tra i due c’era già in corso una causa di lavoro».

Cristina Genesin

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