Test alterati a Medicina legale a Padova: «Violato il codice di condotta»

Si apre con un rinvio al prossimo 29 aprile il processo per i presunti test alterati a Medicina legale per riottenere la patente di guida. E con una modifica del capo di imputazione da parte del pubblico ministero padovano Silvia Golin. O meglio, con una specifica: non più il “generico” abuso d’ufficio, bensì la precisa violazione del Codice di comportamento dei dipendenti pubblici.
GLI IMPUTATI
A giudizio ci sono il professor Massimo Montisci (difeso dall’avvocato Emanuele Fragasso), direttore (autosospeso) dell’Unità operativa complessa di Medicina legale e Tossicologia; il dottor Alessandro Nalesso (avvocato Gianluca Savoldi), all’epoca dirigente dell’Azienda Ospedaliera e responsabile della gestione qualità a Medicina legale; due automobilisti trovati positivi alla cocaina, il 53enne Rocco Sbirziola di Abano Terme (avvocati Piero Longo e Anna Desiderio) ed Edoardo Urschitz (avvocato Piero Someda), 54enne di Selvazzano Dentro.
IL CASO
Sbirziola e Urschitz erano stati fermati durante un normale controllo su strada ed erano risultati positivi alla cocaina, con tanto di ritiro della patente. La procedura per ri-ottenere il documento di guida prevede il doppio test, trasmesso alla Commissione patenti che procede alla restituzione del documento se l’esame risulta negativo. Fuori da ogni protocollo, i due sarebbero stati sottoposti a prelievi non ufficiali: il materiale sarebbe stato esaminato con le apparecchiature impiegate per l’esame di campioni biologici di soggetti deceduti, falsando così gli esiti. L’accusa per tutti è di concorso nell’abuso d’ufficio, nel falso ideologico e nell’aver indotto in errore (con l’inganno) la dottoressa Donata Favretto, responsabile del Laboratorio dell’Unità di Tossicologia medico-forense, inducendola a firmare falsi referti. Sarebbe infatti stata attestata la negatività negli esami di Urschitz per quanto riguarda la presenza di sostanze stupefacenti nelle urine e nei capelli (l’esame delle urine non sarebbe peraltro stato svolto), mentre per quanto riguarda Sbirziola, sempre la dottoressa Favretto sarebbe stata indotta a firmare un falso referto negativo, nonostante non fosse mai stata fatta l’analisi delle urine e dei capelli per accertare la presenza di sostanze psicotrope. L’abuso d’ufficio – secondo l’impianto accusatorio – si sarebbe concretizzato anche nella predisposizione di una corsia preferenziale a vantaggio dei due automobilisti, obbligati a sottoporsi alle analisi delle urine e dei capelli per riottenere dalla Commissione patenti il documento di guida.
L’ABUSO D’UFFICIO
Il Decreto Semplificazione (Dl 76/2020) ha riformato il reato dell’abuso d’ufficio con un obiettivo: assicurare una maggiore coerenza della fattispecie di abuso d’ufficio con il principio di precisione e di determinatezza. L’eccessiva genericità della contestazione, in alcuni procedimenti, ha infatti condizionato l’esito del processo. Da qui la scelta del pm Golin di specificare il capo d’imputazione, andando oltre il “generico” abuso d’ufficio. A Montisci e Nalesso è stato contestato nel dettaglio il mancato rispetto del Codice di comportamento dei dipendenti pubblici emanato con Decreto del Presidente della Repubblica 62 del 2013, in particolare su due aspetti. I due non avrebbero seguito l’obbligo di imparzialità: avrebbero dovuto mantenere la distanza dal caso poiché avevano rapporti con le parti coinvolte. Concretamente, c’era un legame con i due automobilisti beneficiari del “ritorno” di patente, come confermato da alcune intercettazioni telefoniche e da corrispondenze via messaggio. Non solo, Montisci e Nalesso avrebbero utilizzato per fini privati delle informazioni di cui erano in possesso per l’ufficio ricoperto (all’interno di Medicina legale), ostacolando così l’attività della Commissione patenti. A sorpresa, il mutamento del collegio ha richiesto l’altro ieri il rinvio al prossimo 29 aprile, con buona pace dei legali giunti anche da Brescia e in piena zona rossa. —
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