Test sul Tanko 2.0 dei venetisti «Il cannoncino poteva sparare»

Periti convocati in tribunale a Rovigo per il processo a 15 secessionisti «La potenza dell’arma paragonabile a un fucile per la caccia ai rinoceronti»
Il Tanko degli indipendentisti .ANSA/VENEZIA FILIPPO
Il Tanko degli indipendentisti .ANSA/VENEZIA FILIPPO

CASALE DI SCODOSIA. Il cannoncino installato sul Tanko 2. 0 poteva essere considerato un’arma da guerra? È questa la domanda, fondamentale ai fini del processo penale, a cui hanno cercato di rispondere ieri gli esperti convocati in Tribunale a Rovigo per il processo a 15 venetisti, accusati di aver costruito il famigerato Tanko 2.0, mezzo blindato erede del Marcantonio Bragadin che riuscì a sbarcare a Venezia ventidue anni fa.

IL PROCESSO

Il Tanko 2. 0, di fatto una ruspa blindata, era stato trovato e sequestrato nell’aprile 2014 in un capannone della zona industriale di Casale di Scodosia. Con quel mezzo un gruppo di secessionisti, la cosiddetta “Alleanza”, avrebbe dovuto tentare l’assalto a piazza San Marco a Venezia come i Serenissimi nel 1997. Per la costruzione di quel blindato, che con un cannoncino avrebbe dovuto anche sparare biglie d’acciaio, sono state rinviate a giudizio 15 persone, tra cui 10 veneti. Tra questi i padovani Flavio Contin, ex artigiano di 76 anni di Casale di Scodosia e uno dei Serenissimi del 1997; il gemello Severino Contin di Urbana e Luigi Faccia, 64 anni di Agna.

I PERITI

Ieri a deporre di fronte a giudici del Collegio di Rovigo sono arrivati alcuni esperti di armi da fuoco. Quel cannoncino, sulla cui capacità di sparare non paiono esserci dubbi, poteva o meno essere considerato arma da guerra? Per i tecnici chiamati in Tribunale quel cannoncino non poteva essere ritenuto un’arma da guerra. O almeno, non adottando le modalità di test con le quali gli esperti che hanno gestito l’incidente probatorio hanno dovuto operare. Utilizzando, cioè, un munizionamento che non era quello sequestrato in fase di indagine e per il quale era stato pensato il cannoncino del Tanko attrezzato con una bocca da fuoco di fattura artigianale.

I TEST

Al momento dei test, agli esperti non è stato possibile impiegare il munizionamento sotto sequestro, quello cioè che si adattava alla canna. Si è quindi dovuto ripiegare sul munizionamento più compatibile trovato in commercio, ossia cartucce esplosive che vengono impiegate nella pulizia degli altoforni. Pur con queste munizioni alternative, il cannoncino in fase di test ha incrinato, a una distanza di alcuni metri, del vetro blindato garantito antisfondamento a fronte di calibri come il 7,62 millimetri. «Possiamo dire che con questo munizionamento la potenza del cannoncino fosse paragonabile a quella sprigionata da un fucile da caccia grossa, ad anima rigata. Per intenderci, un fucile impiegato per animali dal rinoceronte in su», è stata la considerazione finale degli esperti. Un’arma capace di ferire. Non comunque un’arma da guerra, e questa – per il processo – è una distinzione fondamentale. —

Nicola Cesaro

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