Tori Amos: «La mia musa è Natasha, mia figlia»

MILANO. «I 49 sono stati terribili, ma i 50 sono meravigliosi»: sono passati 22 anni da “Little Earthquakes”, disco d’esordio che la consacrò cantautrice di culto, e Tori Amos oggi è un’elegante signora in completo nero e occhiali a farfalla, che parla di figli e crisi di mezza età. Dopo alcuni dischi classici e il musical “The light princess” scritto per il National Theater di Londra, con il nuovo lavoro '”Unrepentant Geraldines” la cantautrice è tornata al suo amato piano e al pop da camera dei tempi migliori. Questa sera alle 21.30 sarà in concerto al Geox di Padova.
«Ho scritto nuovi brani per sopravvivere» scherza, ma ispirata soprattutto dalla figlia tredicenne Natasha, che non esita a definire «la mia musa». «A un certo punto ho avuto un’intesa conversazione con lei, che mi ha detto: “mamma, riempi di rock questa casa, riempi di rock il mondo!», mi ha chiesto quale fosse il messaggio che volevo dare e mi ha invitato a mostrare a tutti quanto fossi forte».
Quella lanciata da Natasha «è stata una sfida ed è stata anche la migliore medicina» per affrontare il traguardo del mezzo secolo: «ci sono arrivata preparata, sono una donna forte e consapevole, ma nel mio mondo i 50 anni non sono un momento facile: a Hollywood creano apposta ruoli per le celebrità di una certa età, mentre nel mio business nessuno penserebbe mai a studiare un tour per Helen Mirren».
Natasha sembra già molto avanti, canta con lei in “Promise” ed è la terza volta che affianca mamma in un disco: «Mi basta che non diventi una rapper».
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