Traffico di droga con la ’ndrangheta e smercio a Vigonza

VIGONZA. Un traffico di droga (hashish, marijuana e cocaina) e, come crocevia dello spaccio, un capannone a Vigonza. Ma i protagonisti della vicenda giudiziaria non sono spacciatori qualsiasi: almeno due di loro vantano legami forti e solidi con la ’ndrangheta calabrese, in particolare con la ’ndrina di Isola di Capo Rizzuto, la cosca più ricca e potente del comprensorio crotonese come confermato da un rapporto della Dia (Direzione Investigativa Antimafia). Rapporto grazie al quale il giudice non ha sostituito la detenzione in carcere con quella domiciliare pur richiesta da due imputati su quattro. E tutti e quattro ieri davanti al gup padovano Domenica Gambardella hanno chiuso il conto con la giustizia per i reati (contestati a vario titolo) di detenzione finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti e di detenzione di un fucile. Hanno patteggiato il cosentino Giovanni Spadafora, 44 anni originario di San Giovanni in Fiore (4 anni, 10 mesi e una multa di 25 mila euro), detenuto a Padova; il cosentino Antonio Bartucca, 48 di San Giovanni in Fiore, con residenza a Vigonza in via Marco Polo (4 anni, 10 mesi e 25 mila euro), rinchiuso nel carcere di Venezia; il “contabile” Lorenzo Ceoldo, 45 di Vigonza, residente in via Piemonte (2 anni, 11 mesi e 9 mila euro di multa), l’unico libero. Con rito abbreviato (rito che prevede lo sconto di un terzo della pena) è stato condannato a 3 anni, un mese e al pagamento di una multa Pasquale Pullano, 39, originario di Crotone, attualmente agli arresti domiciliari a Isola di Capo Rizzuto; in più il giudice gli ha attribuito la qualifica di delinquente abituale come previsto dal codice penale. Accogliendo in pieno le richieste del pubblico ministero Benedetto Roberti, il gup Gambardella ha pure ordinato il sequestro dell’Audi Q5 di Pullano e di una vettura nella proprietà di Spadafora.
L’11 aprile scorso viene arrestato Pullano. È un arresto ritardato perché dal giugno 2015, di giorno e di notte, gli investigatori stanno controllando a distanza il capannone situato a Vigonza in via Del Lavoro 24, utilizzato come deposito di marijuana, hashish e cocaina acquistati per lo smercio all’ingrosso. Ufficialmente in quell’edificio lavorano in nero, per un’impresa edile, Ceoldo e Spadafora. In realtà il calabrese era finito in manette alcune settimane prima, il 25 marzo, dopo una compravendita di droga con Pullano. Da quest’ultimo Spadafora aveva comprato 1,038 chili di hashish pagati 5 mila euro in contanti. «Appena abbiamo qualche soldo, ne prendiamo mezzo chilo alla volta, a 47 al chilo, da mezzo chilo la portiamo ad 800, già ci guadagnamo 17 mila euro» aveva ammesso Spadafora in una conversazione intercettata.
Nei confronti di alcuni imputati anche la Dia ha svolto accertamenti finiti in un paio di rapporti. In un verbale la Dia riferisce in merito alla conversazione tra Bartucca e due sardi ai quali il primo aveva confidato la sua appartenenza a una famiglia della ’ndrangheta e l’affiliazione avvenuta anni prima a Reggio Calabria. Grazie a tale affiliazione, aveva chiarito Bartucca, per lui porte aperte nel Reggino, nel Cosentino e nel Crotonese dove poteva liberamente svolgere le proprie attività in seguito al permesso del boss Salvatore Giglio: «Io appartengo a una famiglia... Sono stato battezzato a Reggio... Noi andiamo là (nelle tre province calabresi sopraindicate)... Ci sono porte aperte dappertutto... C’è sempre un fratello dappertutto che noi rispettiamo». Spadafora, aveva annotato la Dia, era l’autista del boss Antonio Dragone, ucciso il 10 maggio 2004 appena sceso dall’auto. E risultava amico del figlio di un altro n boss Salvatore Gigli, capocosca detenuto a Padova.
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