«Trasfusioni, rischio improbabile»

«È improbabile che una trasfusione di sangue possa rendere un soggetto positivo alla cocaina». Lo sostiene il direttore sanitario di Avis Veneto, l’ematologo Giovanni Lenzo con riferimento al fatto che la neonata positiva alla coca è stata trasfusa. «Nel sangue la cocaina resiste per circa due ore, a differenza dell’urina dove rimane anche fino a 5 giorni», aggiunge il dottor Lenzo, «Il donatore di sangue dovrebbe assumere cocaina poco prima del prelievo e presentarsi davanti al medico sotto gli effetti della stessa. Ritengo che chi fa il colloquio e il prelievo se ne renderebbe conto». In Italia, dal 28 dicembre scorso, è entrato in vigore il nuovo decreto “Disposizioni relative ai requisiti di qualità e sicurezza del sangue e degli emocomponenti” che ha introdotto domande più stringenti nel questionario sottoposto ad ogni aspirante donatore. Chi assume droghe, fa abuso di alcol o soffre di malattie trasmissibili per via ematica non può donare. Il sangue estratto dal donatore, prima di essere usato deve essere analizzato e non risultare contaminato da agenti patogeni. «I controlli sul sangue indagano solo per le malattie trasmissibili, non per l’assunzione di sostanze stupefacenti», specifica il dottor Lenzo, «A Padova questi esami vengono effettuati dal dipartimento di Biologia molecolare. Ogni donatore per legge è sottoposto ad un questionario sui comportamenti a rischio che sottoscrive e firma. Se il paziente fa uso di sostanze stupefacenti e non lo dichiara, va incontro a reato».
La droga è fortemente dannosa per la salute e la crescita di un bambino.
«La conseguenza più grave è l’astinenza», dichiara Massimo Montisci, professore associato di Medicina Legale, «il neonato mostra diversi sintomi: forte irritabilità, tremori, rigidità muscolare, incapacità di succhiare che ostacola la poppata, sonnolenza, iperattività o, in alcuni casi, stanchezza eccessiva e talvolta vomito, diarrea e convulsioni. La cocaina può essere somministrata allo scopo di attenuare questi sintomi e calmare il neonato. Inoltre il bambino può manifestare convulsioni. La somministrazione di sostanze psicoattive a neonati non rappresenta un'eventualità così rara, in particolare se si riscontrano quadri di abuso da parte dei genitori».
«La cocaina può essere somministrata ad un neonato per bocca, tramite iniezione o attraverso il naso», sottolinea il tossicologo forense Montisci, «Quando una donna assume sostanze stupefacenti mentre allatta, i principi attivi passano nel latte materno ingerito poi dal neonato. Oppure la cocaina può essere assunta dal bimbo assieme al cibo». I genitori della bimba hanno dichiarato di essere negativi alla cocaina e di non aver mai fatto uso sostanze stupefacenti.
«La scelta di sangue, urina o capello per il test può influenzarne il risultato», specifica il professor Montisci, «poiché uno stupefacente usualmente permane nel sangue circa tre ore, nell’urina fino a quattro giorni, nei capelli anche per anni. Questo è un concetto generale e il tempo di rilevabilità sulla singola matrice può essere anche influenzato dalla dose di sostanza assunta, dalla modalità di assunzione e dalla sensibilità della tecnica impiegata per l’analisi tossicologica. Il test, per assumere rilevanza, deve essere eseguito da tossicologi esperti in ambito forense. Sarebbe opportuno eseguire il test su più matrici biologiche. I prelievi dovrebbero essere eseguiti da e sotto la sorveglianza di personale specializzato, secondo la metodologia accertativa tossicologico-forense. Sono ben note le problematiche di sostituzione del campione da parte di pazienti sottoposti a test tossicologici al fine di alterarne i risultati».
Elisa Fais
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