Tris da Oscar: «Il Grinta» contro «Il cigno nero» e «Un gelido inverno»

Jeff Bridges nel ruolo de «Il Grinta» diretto dai fratelli Coen A destra Natalie Portman la ballerina de «Il cigno nero» di Darren Arafnosky Qui sotto Jennifer Lawrence protagonista di «Un gelido inverno» della regista Debra Granik
Jeff Bridges nel ruolo de «Il Grinta» diretto dai fratelli Coen A destra Natalie Portman la ballerina de «Il cigno nero» di Darren Arafnosky Qui sotto Jennifer Lawrence protagonista di «Un gelido inverno» della regista Debra Granik
 LOS ANGELES.
La notte degli Oscar è ormai alle porte. Oggi escono in contemporanea nelle sale italiane tre pellicole che saranno assolute protagoniste nella serata delle stelle di Los Angeles: «Un gelido inverno, «Il cigno nero» e «Il Grinta» si affronteranno il prossimo 25 febbraio con il loro rispettivo bagaglio di 4, 5 e 10 candidature alla ambita statuetta.  Si parte dal film più piccolo, e forse anche più sorprendente, che cala sul tavolo un poker di nomination (film, attrice protagonista, attore non protagonista, sceneggiatura): «Un gelido inverno» di Debra Granik ha già vinto il Festival di Torino e il Gran Premio della Giuria al Sundance e potrebbe essere il classico outsider d'autore, con la sua storia di sopravvivenza ambientata ai margini di un'America brutta e cattiva.  Ree è la protagonista di un thriller denso di misteri e di risvolti inquietanti che si snoda tra le nebbie e le montagne del Missouri, dove un'adolescente, che porta sulle spalle il peso di una famiglia disastrata, parte alla ricerca del padre, imbattendosi in una realtà desolante di violenza e sopraffazione.  Jennifer Lawrence, già premio Mastroianni a Venezia, è l'eroina coraggiosa di un film che è costato pochissimo ma che, con il suo realismo ruvido e le atmosfere livide e cupe, sta raccogliendo consensi in tutta Europa.  Dal Festival di Venezia, dove ha aperto il concorso nel 2010, arriva «Il cigno nero» di Darren Arafnosky che porta alle estreme conseguenze il tema del doppio, riesumando illustri precedenti letterari (su tutti, «Il sosia» di Dostoevskij) e cinematografici («Eva contro Eva»), per raccontare la parabola della sua protagonista.  Nina è una ballerina virginale ed eterea che non riesce ad esprimere il suo lato oscuro per interpretare, in una moderna rivisitazione de «Il lago dei cigni», la versione «dark» di Odette.  Una ossessione amplificata dalle frustrazioni di una madre castrante che riversa sulla figlia le speranze e i sogni di gioventù.  Nina, accompagnata dal suo «alter ego» Lily, così diversa e pure così simile a alei, sprofonda in un lungo incubo, alla ricerca della propria sessualità e di quegli istinti sopiti che non le permettono di incarnare il suo lato tenebroso.  Tra allenamenti estenuanti, allucinazioni, autolesionismo e sequenze saffiche, Nina si perde nel gioco di specchi che amplificano all'ennesima potenza un sogno che diventa follia sulle note sin troppo roboanti di Tchaikovsky.  Non sempre equilibrato, «Il cigno nero» balla sulle punte e rischia più volte di inciampare nelle spirali filosofiche e un po' troppo kafkiane in cui si avvita lo sguardo del regista, nel tira e molla tra castità e sessualità, bene e male, bianco e nero.  Sembra molto difficile che, protagonista a parte (la strepitosa e favoritissima Natalie Portman), il film possa conquistare le altre statuette per le quali è candidato (film, regia, fotografia e montaggio). Più probabile un successo del nuovo film dei fratelli Coen, con le sue 10 nomination.  «Il Grinta», film che ha aperto in questi giorni il Festival di Berlino, è un western classico che, oltre a richiamare sin dal titolo il suo illustre e omonimo originale interpretato da John Wayne, si muove lungo il solco tracciato da «Sentieri selvaggi».  La caccia all'uomo intrapresa da una caparbia quattordicenne (Hailee Stenfeld, in corsa per il premio come miglior attrice non protagonista) e dallo sceriffo Jeff - Il Grinta - Bridges (la cui interpretazione di cow boy alcolizzato, burbero, dalle espressioni cavernicole e bofonchianti, potrebbe valergli il secondo Oscar consecutivo dopo «Crazt heart») è diretta dai fratelli Coen con il consueto elegante mestiere, senza azzardare particolari destrutturazioni del genere tipiche del loro cinema.  Il film che concorre, ovviamente, anche nelle categorie miglior pellicola e regia potrebbe riportare il western nell'Olimpo del cinema, vent'anni dopo «Balla coi lupi».  

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