Truffa all’Inps, Tiranti confessa «Ma la Pastorani non c’entra»

Ha provato a ridimensionare la sua responsabilità («Ho aiutato qualcuno a restare in Italia... »), ammettendo almeno in gran parte l’impianto accusatorio ma negando l’accusa di associazione a delinquere. Su un punto è stato chiaro: «Gianna Maria Pastorani ha svolto solo il lavoro di consulente. Lei non c’entra nulla: eseguiva prestazioni professionali per la ditta». Parole di Umberto Antonio Tiranti,70enne di Padova, in manette nell’ambito dell’inchiesta coordinata dal pm Sergio Dini e affidata alla Squadra Mobile denominata “Fake jobs”. Inchiesta che ha smascherato una rete di assunzioni all'apparenza regolari, in realtà fittizie e messe a punto per frodare Inps e Stato.
Ieri interrogatorio di garanzia davanti al gip Domenica Gambardella per Tiranti (avvocato Marco Miazzi) e Liliana Mandachi, 61enne di origine romena pure di Padova (avvocato Vittorio Manfio), tutti e due in carcere, come per la Pastorani, agli arresti domiciliari nella sua abitazione di Campodoro (avvocato Biagio Pignatelli). Le accuse? Associazione a delinquere finalizzata al falso ideologico, favoreggiamento della permanenza di clandestini, truffa per ottenere contributi assistenziali. Ha confessato Tiranti, legale rappresentante di una serie di ditte vuote e con falsi dipendenti, utili solo a creare il paravento di finte situazioni contributive per ottenere permessi di soggiorno come prestazioni assistenziali da parte dell’Inps. Ha negato, però, di aver costruito una rete criminale: era lui che faceva tutto o quasi. Lui, con l’aiuto di Mandachi che segnalava i clandestini da regolarizzare. E, ha insistito, c ’era chi lavorava davvero. Mandachi non ha voluto essere interrogata, preferendo fare spontanee dichiarazioni: avrebbe aiutato alcuni conoscenti che cercavano lavoro, indirizzandoli da Tiranti.
Diversa la posizione di Gianna Maria Pastorani, titolare del 24% delle quote del Ced (Centro elaborazione dati) che formava i cedolini degli stipendi mensili dei “dipendenti” di Tiranti e provvedeva a tutte le incombenze di carattere contributivo. Una tragedia per lei, l’arresto. Una tragedia inaspettata: «Non c’entro nulla» ha spiegato al giudice «Lavoravo per la ditta di cui Tiranti è diventato amministratore ben prima che lui la prendesse in mano... La Mandachi? Mai vista né incontrata. Ho solo svolto il mio compito da consulente. E quando al telefono parlavo di soldi, mi riferivo a quelli che Tiranti mi doveva per le prestazioni professionali». Una dichiarazione confermata da Tiranti.
Tutti i difensori hanno chiesto un alleggerimento delle misure: Tiranti e Mandachi sperano negli arresti domiciliari, Pastorani nella ritrovata libertà o almeno nell’obbligo di firma. Il gip si è riservato la decisione. —
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