Uccelli proibiti in tavola c’è un mercato nell’Alta

La Forestale indaga sul traffico di selvaggina protetta verso i ristoranti Controlli anti-bracconaggio: multe per l’uso di richiami elettroacustici
Di Silvia Bergamin

CITTADELLA. Un mercato nero dei ristoratori dove i bracconieri piazzano selvaggina protetta, abbattuta nell'Alta Padovana. Il dato è emerso durante le prime giornate di attività venatoria, che ha visto impegnati gli uomini del Corpo forestale dello Stato di Cittadella e sfociate in sanzioni, denunce, sequestri di fucili, richiami vietati e nel recupero di decine di esemplari protetti abbattuti. I controlli sono stati messi in atto per contrastare il fenomeno del bracconaggio durante le giornate di pre-apertura della caccia stabilite dal calendario venatorio regionale. Nello specifico sono stati accertati alcuni illeciti amministrativi e, nel corso di alcuni servizi, è stato accertato l’uso di richiami elettroacustici vietati che sono stati sequestrati. Nel corso di un servizio è stato sorpreso un cacciatore che aveva abbattuto numerosi esemplari di una specie volatile protetta dalla legge statale. Nel caso specifico la Forestale ha provveduto al sequestro della fauna e del fucile da caccia utilizzato.

In questo periodo il Corpo forestale intensifica, come oramai fa da anni, i controlli soprattutto nell’Alta Padovana, al fine di contrastare l’utilizzo di quei mezzi vietati ai quali i bracconieri a volte ricorrono per poter abbattere il maggior numero possibile di esemplari di specie, anche protette. Tali strumenti vanno dai richiami elettroacustici, al vischio, alle reti di uccellagione.

La richiesta di uccelli per scopo culinario non conosce crisi. L’approvvigionamento di pennuti protetti, necessario a soddisfare le esigenze dei ristoratori, in gran parte è costituito da esemplari provenienti dai Paesi dell’Est Europa dove il loro allevamento ed abbattimento è consentito. Ci sarebbero però alcuni bracconieri che nell'Alta Padovana, nonostante i divieti, darebbero la caccia a prispoloni, fringuelli, pettirossi, beccafichi e capinere per poi rivenderli al mercato nero dei ristoratori. Ogni capo venduto sarebbe quotato tra i 2.50 e i 3 euro. Commette reato e quindi rischia la denuncia anche il ristoratore che acquista e cucina animali di cui è vietata la caccia e che appartengono a specie protette in Italia. «Un paio di anni fa», spiega Marino Scapin dell'agriturismo La Penisola di Campo San Martino, «un cacciatore è venuto a propormi l'acquisto di allodole. Ho risposto che non ero interessato». Camillo Zago, titolare dell'agriturismo Da Campanaro di San Giorgio in Bosco, dice che «mi è stato chiesto di cucinare selvaggina, ma il mio locale non è attrezzato per questo servizio». L’inclusione di molti uccelli negli allegati della Convenzione di Berna relativa alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa, fa sì che il cacciatore oltre alla denuncia penale rischi la sospensione della licenza di porto fucile fino a tre anni per l’abbattimento di specie protette.

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