Un panino, una birra e... una piazza

Tonezza del Cimone riconoscente la intitola a Lucio Battisti
Se, come cantano i Dik Dik di "Vendo casa", "Un panino una birra e poi, la tua bocca da baciare" rappresenta, agli albori degli anni '70, la massima aspirazione dell'italiano di sempre, moderatamente qualunquista e consumista, nonché contortamente sessista (meglio "dopo", una bionda da stappare assieme), per i conoscitori delle Prealpi venete non è difficile immaginare la "location" ideale in cui ambientare questo grido epocale. All'hotel Posta di Tonezza del Cimone, provincia di Vicenza. Dove nell'estate del 1968 il futuro autore di "Vendo casa", Lucio Battisti, mangia un panino con la soppressa presumibilmente accompagnato da una birra.  Rammentiamolo nel momento in cui il Comune di Tonezza si appresta a inaugurare, alle quattro del pomeriggio di domani, piazza Lucio Battisti. Con sconfitta solo apparente di chi quella stessa piazza vorrebbe legare per i secoli a venire al nome dello scrittore vicentino Antonio Fogazzaro. Perché, in realtà, la "Motocicletta, dieci hp, tutta cromata, è tua se dici sì" alla fine scelta dalla giunta guidata dal sindaco Amerigo Dalla Via nient'altro è che un Piccolo mondo antico, formato garage con poster di Jane Fonda in topless, ricostruito dopo il rombo di Easy Rider.  Di piazze intitolate al più amato compositore della musica leggera italiana, nato nella Ciociaria di Poggio Bustone nel 1943 e morto a Milano nel 1998, già ne esistono. Ad esempio a Roma, quartiere Malafede, e a Lecce. Ma, con tutto il rispetto per la Caput Mundi e la barocca perla del Salento, a Tonezza del Cimone è tutta un'altra cosa. Anzi, tutta un'altra "musica", come ci ricorda il preistorico video, girato nell'estate del '68, in questo paesino incastonato tra le valli dell'Astico e del Rio Freddo, con protagonista un Battisti che ha già scritto per l'Equipe 84 "29 settembre" e negli anni a venire firmerà gli adorabili tormentoni di "Mi ritorni in mente" e "I giardini di marzo". La canzone del clip, che non è di Lucio, è l'eterea e sviolinata "Prigioniero del mondo", dove le parole dell'inseparabile Mogol sono affidate all'estro melodico di Carlo Donida, ammirato per "cult" sempreverdi come "Le colline sono in fiore" e "La spada nel cuore".  Le immagini causano fitte profonde: tre asettici, quasi "bulgari", minuti di bianco e nero, realizzati per la sezione Discoverde del Festivalbar creato quattro anni prima dal patron padovano Vittorio Salvetti, e quasi tutti piantati sul primo piano di un Lucio con immancabile foulard al collo, e mani sgraziatamente impegnate a sbagliare l'accompagnamento ritmico del pezzo, tanto per ricordarci che siamo proprio in playback. Le uniche digressioni consistono in campi lunghi e vagamente ebbri sui ventosi declivi e le regali cime del paesaggio di Tonezza. Ragione che spiega la piazza Battisti di mezzo secolo dopo.  Finite le riprese, il ritrovo è al Posta, oggi chiuso come tanti altri templi della villeggiatura da "dieci giorni tutto compreso". Ci va anche Lucio, assieme alla fidanzata e futura moglie Maria Letizia Veronesi, per compiere il gesto che quadra il cerchio per sempre: divorarsi quella rosetta con la soppressa che, nell'identikit dell'italiano medio di allora, si intreccia con un boccale rigato di spuma e i baci di una passione per cui vivere.  Tutto ciò non può avvenire nella New York cantata da Frank Sinatra, ma nemmeno nella Roma degli stornelli di Renato Rascel, o nella Cortina d'Ampezzo ai cui skilift si agganciano stelle del cinema e maghi della finanza. "Un panino una birra e poi" riecheggia divinamente bene solo nella Tonezza che appartiene allo stesso, misconosciuto Belpaese di un Treppo Carnico, una Domegge di Cadore, o una Sant'Eufemia a Maiella. Lungo le "discese (mai troppo) ardite e le risalite" di una mitologia di provincia firmata Mogol/Battisti.

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