Un vocabolario per capire il gergo segreto dei banditi

Lo hanno messo a punto gli inquirenti indagando su una banda di rapinatori sinti Il significato delle loro telefonate un po’ alla volta è divenuto chiaro. E li ha incastrati
Di Cristina Genesin

LOREGGIA. Arrestati per la seconda volta il 18 gennaio scorso (insieme ad altri complici) con l’accusa di mettere a segno rapine in bar e sale da gioco, due giorni più tardi erano stati condannati a oltre 22 anni di carcere (totali) per una serie di rapine e colpi messi a segno tra il settembre e il dicembre 2015. È la banda dei nomadi di origine sinti che, nonostante tutto, ha giocato anche la carta del tribunale del Riesame di Venezia per riconquistare la libertà. Niente da fare.

I giudici lagunari hanno respinto al mittente la richiesta presentata da Cristian Gabrieli di Loreggia, Rej Relandini di Barcon di Vedelago (Treviso) e da Cristina Battistutti moglie di Gabrieli (anche lei indagata e destinataria di una misura minore), la donna che, nelle intercettazioni telefoniche dell’inchiesta numero 1 (costata una pesante condanna a 7 anni e 8 mesi per il marito) raccontava di preparare abitualmente aragoste per cena. Concessi gli arresti domiciliari solo a Inglis Trolese di Arzergrande.

Resta ben solida l’indagine-bis coordinata dal pubblico ministero padovano Benedetto Roberti che, nell’arco di due anni, è riuscito a penetrare un mondo, quello dei sinti, apparentemente resistente a qualsiasi infiltrazione. E questo grazie anche all’operato dei carabinieri insieme ai quali il magistrato ha elaborato un vero e proprio glossario sinti, un vocabolario del lessico dell’etnia fondamentale per tradurre e rendere comprensibili i dialoghi dei malavitosi intercettati al telefono o con dispositivi ambientali. Nel primo filone d’inchiesta a Gabrieli, Relandini e Davide Cavazza pure di Loreggia sono state contestate quattro rapine, compiute dai tre nel 2015 armati di mazze, fucili e kalashnikov e con il volto coperto da un passamontagna (il 23 settembre nel bar Hai di Carmignano di Brenta; il 24 settembre nella sala giochi Europa a Borgoricco; l’1 dicembre nell’area di servizio Eni San Pelagio lungo l’autostrada A13 e nella sala giochi gestita dalla Maico srl a Camposampiero). La seconda indagine ha portato ad attribuire alla banda ben 9 colpi sia nel Padovano che in provincia di Vicenza, Venezia e Treviso. Una banda, stavolta, ai quali si erano aggiunti altri cinque componenti (Cristian Gottardo, Joselito Crovi, Charli Gabrieli, Inglis Trolese, Christian Visentin).Tutto ciò è stato possibile perché fin dai primi accertamenti gli inquirenti hanno messo assieme un vocabolario che, via via, si è ampliato. Così non solo si capisce che gaggio o villano significa persona non appartenente ai sinti (cosa già nota), ma si comprendono tutti gli altri termini che consentono di ricostruire i reati.

Qualche esempio: marsina è la vettura impiegata per i furti, love il danaro e tras la paura mentre ghiera o diera indica genericamente più cose come postazioni bancomat, armi, polvere pirica o rapina. E ancora zorli è la cassaforte del bancomat, braghiero è un termine offensivo per indicare una persona, norto è covo o nascondiglio, caramaschera è la pistola, bicu, bichi o carape, carapiu è il proiettile, raclo ragazzo, papire le targhe, mestier la giostra, campina la roulotte, narvalo indica il termine matto o malato. Infine la temuta galera è scarape, carabinieri o poliziotti sono i bedi, la guardia giurata o carceraria è vasta, ciordare significa rubare e la ciorda è la rubata cioè il furto o la cosa rubata mentre anticiorape è l’antifurto. La casa (possibile bersaglio) è la cher o chere, razza è un parente, rodano è il latitante, andare vec è l’andare via nel senso di andare a compiere furti.

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