Una Cortina da film Quando il cinema «gira» tra cime e jet society

Cominciò Von Stroheim nel 1918, ancora sotto l'Austria Poi commedie, drammi e perfino spaghetti-western
Una scena de «Il grande silenzio», spaghetti-western di Sergio Corbucci, del 1967
Una scena de «Il grande silenzio», spaghetti-western di Sergio Corbucci, del 1967
Quando fa particolarmente freddo, se uno parla insieme alle parole dalla bocca esce la condensa. Quando si gira un film, per eliminarla basta mettere sotto la lingua dell'attore un pezzettino di ghiaccio... Nessuno degli intervistati ha svelato il segreto a Ludovica Damiani. Nessuno di quelli che, negli anni, hanno girato in montagna, spesso con basse temperature, nella "regina delle dolomiti" opere più o meno importanti, più o meno di successo, ha spiegato uno dei sacrifici ai quali il divo di turno deve sottoporsi per mantenere pulita l'immagine dell'opera che si sta costruendo.  E sì che di segreti ne svela Set in Cortina, l'opera seconda del segugio delle location, dell'"Indiana Jones" della celluloide, della ricercatrice che è riuscita a costruire una formula editoriale vincente che da un lato celebra il luogo preso in esame (l'anno scorso Venezia e questo Cortina, appunto) e dall'altro, con un apparato iconografico di prim'ordine frutto di estenuanti ricerche, rievoca le opere raccontandone i retroscena. Riportandone cioè per bocca dei testimoni fasti, nefasti e curiosità della lavorazione e quindi del mestiere, o meglio, dei tanti mestieri del cinema.  Lo sapevate che tra i western all'italiana, ci sono anche quelli "invernali" da nevose "montagne rocciose" come Il grande silenzio del 1967 di Sergio Corbucci, interpretato da uno straordinario francese, Jean-Louis Trintingnant, girato a Cortina? Lo sapevate che, prima del digitale, era comunque possibile girare in teatro di posa scene che poi sullo schermo sarebbero apparse come girate dal vero? Ad esempio, Totò e Peppino che si contendevano Nadia Grey, una moglie regolarmente sposata da entrambi (tra i due matrimoni, la guerra...) in Il letto a tre piazze (di Steno, 1960) giravano per rocce costruite a Cinecittà con le montagne "retroproiettate" su un grande schermo translucido.  Sempre a Cinecittà, si realizzarono in raccordo perfetto con quelle dal vero, le scene più apparentemente tormentate di Cliffhanger, il film d'azione con Sylvester Stallone (1993) con un modellino di elicottero lungo circa 50 centimetri che sorvolava una delle montagne cortinesi ricostruita in scala nei minimi dettagli.  E se Cortina appare spessissimo sullo schermo nella sua versione più attendibilmente legata al suo ruolo ora splendidamente vacanziero (e non è un caso che ci sia nel libro uno "speciale Vanzina") ora, invece, drammaticamente vacanziero (Amanti, De Sica, 1968 con Mastroianni e la Dunaway; Mercoledi' delle ceneri, Larry Peerce, 1973, con la Taylor e Henry Fonda), la sua vocazione cinematografica parte da lontano, dagli anni '10, da quando era ancora austroungarica, addirittura "simulata" in Mariti ciechi del maestro Eric Von Stroheim (1918). Simulata in quanto le montagne del film sono, come spesso succede per le produzioni hollywoodiane, "made in Usa". Com'era accaduto per Set in Venice, si viaggia con gli occhi in una selezione dei film più importanti o divertenti. Ma poi alla fine, incitando il lettore attento alla rivisitazione dell'originale, della pellicola da riscoprire, Ludovica Damiani offre anche un apparato scientifico con tanto di filmografia e bibliografia. Com'è giusto che sia in un'opera frutto di ricerche assidue e scelte meditate. Set in Cortina, grande formato, Edito da Electa è da oggi in libreria.

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