Una piazza straripante per la cena di tutti con tutti

L’iniziativa organizzata da Beati Costruttori di Pace, Caritas e altre associazioni Don Bizzotto: «Vogliamo una città accogliente che sa farsi carico dei più fragili»

PADOVA. Per una sera, per una cena, tutti assieme: i poveri e gli “invisibili” solo gente tra la gente. In fila, ordinati agli stand per mangiare gratis a fianco al prof universitario, alla maestra d’asilo, al giovane ingegnere che vuole salvare il pianeta, non davano nell’occhio, non avevano etichette appese al collo.

Per una sera, in piazza dei Frutti, in pieno centro, erano cittadini come tutti che condividevano la festa della città organizzata da Abracciapaerte. Cuore pulsante e cervello dell’iniziativa, don Albino Bizzotto dei Beati costruttori di pace. Con lui settanta realtà ed associazioni, dalla Caritas a Legambiente, dagli universitari alla Banca Etica, dalla Federazione Rom e Sinti insieme all’Arci Lesbica Il Riparo, dall’Azione cattolica agli Avvocati di strada, dalla Chiesa metodista ai sindacati, passando per le comunità straniere che si sono rimboccate le maniche ed hanno portato la loro cultura a tavola.

Due buffet vegetariani, tre nazionali, uno marocchino, uno eritreo, uno senegalese e uno filippino. Un melting pot di buoni sentimenti ed altruismo che ha la residenza in città, alla faccia di chi la desidera ed immagina soffocata dalla paura e sprangata dietro i pregiudizi. Bisognava guardare con attenzione domenica sera in piazza per scorgere Alfredo, clochard del Torresino che consumava il suo pasto; o la tribù di rom seduta educatamente alle panche di legno; o Angela che da un decennio combatte contro la droga e non riesce a vincere la sua personale guerra a favore della vita.

Dal palco la voce di don Albino: «Tutti siamo vivi», ha ricordato, «perché appena nati qualcuno ci ha nutrito, curato e amato gratis. Abbiamo vissuto un anno tribolato con violenza di vario tipo; anche la terra è in grande sofferenza. È la vita stessa che è minacciata. Molti vorrebbero che accettassimo la paura come principio che regola i nostri rapporti quotidiani. Ma noi cerchiamo di restare umani, sempre, in tutte le situazioni, anche le più brutte e violente, se desideriamo una storia bella anche per i figli. Il nostro futuro sarà comunque vivere insieme. Essere qui è una scelta, non è la mensa dei poveri. Se siamo qui è perché vogliamo una città accogliente che sa farsi carico dei più fragili».

Poi le testimonianze dei medici di Emergency e del Cuamm e il ricordo dei 2996 morti dell’11 settembre 2001. I medici di Gino Strada hanno ricordato l’Africa sventrata dalle guerre, ma anche l’impegno qui, in Italia e nel Veneto con l’ambulatorio di Marghera e il suo 20 per cento di pazienti italiani, come ex imprenditori bisognosi di protesi ai denti. Il medico del Cuamm ha commosso parlando del reparto di pediatria in Sudan dove ogni lettino è occupato da una mamma e i suoi piccoli.

Prima della cena un minuto di silenzio per tutte le sofferenze e per trovare il coraggio «di non essere stanchi di guardare la disperazione di chi ha bisogno» ha esortato don Albino. In mezzo ai poveri della città il consigliere dem Massimo Bettin e l’esponente del Pd Nereo Tiso; l’ex assessore Alessandra Brunetti e, a servire, Maria Teresa Di Riso (Sel).

Non è mancata qualche polemica per il saluto lampo dell’assessore alle politiche sociali Vera Sodero. «La presenza appena accennata di questa Amministrazione», ha bacchettato Tiso, «non mi sorprende. Mi sarei sorpreso del contrario: questa giunta ha bisogno di slogan non di realtà».

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