Una vita per la politica Ecco Tina Anselmi pubblica&privata

di Davide Nordio
CASTELFRANCO VENETO
Quando la incontrò per la prima volta correva l’anno 1976 e lei era una giovane cronista del quotidiano della Cisl “Conquiste del lavoro”. Di fronte aveva il neo ministro del Lavoro, anzi qualcosa di più: la prima donna italiana a guidare un dicastero, tra l’altro di una notevole importanza. La giornalista è Anna Vinci e il ministro, se ancora non si è capito, era Tina Anselmi. E da quel momento il rapporto tra le due è diventato ininterrotto. A buon diritto Anna Vinci può essere definita la biografa ufficiale della parlamentare di Castelfranco. Nel 2003 convince la Rai a realizzare un lungo documentario su questa assoluta protagonista della vita politica, anche se da qualche tempo non frequenta più il palazzo. Poi nel 2007 un libro a quattro mani, “Storia di una passione politica”, autobiografia di un impegno iniziato a 17 anni, davanti al barbaro eccidio nazista di Bassano e poi proseguito nelle file della Democrazia Cristiana, sempre a fianco delle donne.
È invece del 2011 “La P2 nei diari segreti di Tina Anselmi”, dove, a trent’anni dalla scoperta degli intrighi della loggia di Licio Gelli, emerge il duro ma anche contrastato lavoro dell’onorevole Anselmi nel portare la luce in uno dei periodi più bui della storia della repubblica.
Ora, in attesa della presentazione della sua ultima fatica “La mafia non lascia tempo” sulle confessioni del braccio destro di Totò Riina Gaspare Mutolo (prevista per il 3 luglio), Anna Vinci presenta quello che vuol essere il coronamento di una storia e di una lunga amicizia. Si tratta del documentario “Tina – una vita per la democrazia” che sarà presentato stasera sera alle 20.45 al Teatro Accademico di Castelfranco Veneto. «È una storia per immagini di una donna straordinaria che è rimasta nel cuore di tutti gli italiani, per la sua determinazione ma anche per la sua estrema semplicità», spiega l’autrice «ho voluto raccontare la persona, oltre che la politica, il suo amore per la montagna e soprattutto per la sua città, Castelfranco, e il Veneto». Tra immagini di repertorio e testimonianze di chi le è stato vicino in questi anni, come Giovanni Di Ciommo nella commissione P2, il documentario ripercorre l’avventura della Anselmi. «Una donna che ti folgorava per la sua gentilezza, come è successo a me, giornalista alle prime armi che aveva davanti un ministro. Che viveva in una stanza modesta a Roma e appena aveva l’opportunità se ne tornava alla sua terra. Perchè lei era orgogliosa di essere una figlia del Veneto, della Castellana. Tantissimi italiani si potevano riconoscere in lei, anche se se ne percepiva subito l’eccezionalità. Ecco perché è rimasta nell’immaginario collettivo come una figura nuova della politica, sicuramente competente, ma anche avvicinabile Ecco: si percepiva che la Anselmi era la normalità nell’eccezione. Basti pensare che quando seppe di essere stata nominata ministro, era in casa a lavare i piatti». Una donna che ha rischiato di pagare con la vita il suo impegno: «Nel 1978 – racconta Vinci – ci andarono vicini: nel giardino vicino alla sua abitazione a Cast. elfranco, quello della casa dove abitava la sorella Maria con le tre figlie, furono ritrovati due- tre chili di tritolo. Fu davvero un caso se non successe una strage: tutto merito del cane, che fece rinvenire l’esplosivo, che poi risultò correlato con la pista della strage di Piazza Fontana». Una vicenda, quella di Piazza Fontana, dove venne coinvolto un altro castellano, l’ordinovista Giovanni Ventura. La cosa preoccupò, ovviamente, ma non impaurì Tina Anselmi che ancora al governo, ma stavolta ministro alla Sanità mise mano alla creazione del sistema sanitario nazionale. Non ebbe remore ad affrontare il capitolo spinoso della P2, presiedendo la commissione inquirente Anche lì non c’era da scherzare in quanto a rischi, tant’è che se uscì con una frase: “non mi hanno ammazzato forse perchè ero una donna”. «Tina Anselmi fu anche una indiscussa protagonista di quel trasversalismo politico femminile, dove le donne in parlamento, indipendentemente dallo schieramento di appartenenza, lavoravano per migliorare la condizione delle donne italiane. Non era certo un mistero che lei e Nilde Jotti, oltre a stimarsi reciprocamente, spesso si confrontavano con questo obiettivo». Conclusa l’esperienza parlamentare, per Anna Vinci l’onorevole Anselmi avrebbe avuto ancora molto da dire: soprattutto in Veneto. «Credo che se nel 1995 fosse stata candidata alla presidenza della Regione, come si era ipotizzato, avrebbe sicuramente vinto per l’immutata stima nei suoi confronti: e questo avrebbe potuto cambiare la storia del Veneto, mettendo anche una ipoteca sulle vicende nazionali».
Inevitabile una domanda: lo Stato non si è dimenticato troppo presto di Tina Anselmi? «Certo», conclude Vinci «anche lei è stata mollata come tutti i buoni servitori dello Stato. E purtroppo l’elenco è lungo...».
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