Unabomber, il 2 l’appello

Zernar torna in tribunale per la manomissione di una prova
BARSOTTI - CAMPO NOMADI VIA LONGHIN
BARSOTTI - CAMPO NOMADI VIA LONGHIN

Caso Unabomber, il 2 maggio inizia il processo d’appello per il padovano Ezio Zernar, l’ex direttore del Laboratorio indagini criminalistiche (Lic) della Procura di Venezia, accusato di aver manomesso una prova per “incastrare” l’ingegner Elvo Zornitta, il pordenonese indagato perché sospettato di essere il “bombarolo” del Nordest. È un nuovo processo per Zernar dopo le condanne in primo e secondo grado, annullate dalla Corte di Cassazione nel marzo 2012. La Cassazione spiega che potrebbe essere stata casuale, e non intenzionale, l’alterazione del famigerato “lamierino” parte di un ordigno inesploso, attribuito a Unabomber, e trovato nella chiesa di Sant’Agnese a Portogruaro nel 2004. Zernar era accusato di aver usato una forbice sequestrata a Zornitta per tagliare il lamierino lasciando così delle tracce che portassero all’ingegnere. Il vero Unabomber, tuttora, è un «personaggio mai giudizialmente identificato», ricordano i supremi giudici. In particolare, la Suprema Corte - nella sentenza - spiega, dando ragione al legale di Zernar, l’avvocato Emanuele Fragasso, che «effettivamente la Corte di Appello di Venezia non dà adeguatamente conto del motivo per il quale l’eliminazione della escrescenza non possa essere conseguenza di un evento casuale». In pratica, l’eliminazione di una microtraccia dal lamierino potrebbe avere natura involontaria e non dolosa, sebbene avvenuta nel laboratorio dove Zernar esaminava il reperto. Inoltre, aggiungono i supremi giudici, «non risulta che tutti i periti e i consulenti tecnici si siano trovati d’accordo nell’affermare che l’asportazione della protrusione sia stata procurata utilizzando le forbici sequestrate» a Zornitta. Per la Cassazione, insomma, il verdetto di secondo grado ha liquidato troppo frettolosamente, «come considerazioni di scarsa importanza», elaborazioni e conclusioni formulate da «persone esperte».

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