«Uomo determinato e una famiglia solida sempre accanto»

CAMPOSAMPIERO. C’è tutta un’equipe che assiste i malati terminali nella struttura indicata come hospice del Bonora, ma che in realtà si chiama “Centro cure palliative il Melograno”. Con i suoi 6 posti letto, ai quali se ne dovrebbero aggiungere 3 specificamente riservati al malati di Sla, il Centro è attivo dal 2005 ed è appositamente dedicato al fine vita secondo tutti gli standard previsti dalla normative nazionali e regionali; è accreditato dalla Regione Veneto. Un servizio che rientra nelle cosiddette strutture intermedie extra ospedaliere. Vi lavorano psicoterapeuta, medico palliativista, operatori socio sanitari, fisioterapista, infermieri (alcuni di loro insieme nella foto al centro). Anche Lodino Marton, come tutti i malati ricoverati nel tempo all’hospice, è stato assistito da questo prezioso staff di specialisti diretti dal dottor Micheletto.
Qui i pazienti vengono chiamati per nome, perché vivendo insieme giorno e notte si instaura un legame anche affettivo. «Abbiamo conosciuto Lodino già dalla Pneumologia in cui era in carico» spiega la dottoressa Daniela Rinaldi, un medico dell’hospice «È stato sempre autonomo, lucido. Ha espresso sin da subito le sue volontà di non intervento, il desiderio di morire senza andare incontro alla possibilità di tracheotomia e di ventilazione artificiale. Era anche iscritto all’associazione Coscioni, esprimeva spesso il desiderio di andare in Svizzera. Lui è stato molto rassicurato sia in questo sia dal punto di vista della terapia del dolore. Abbiamo provveduto prima con il contenimento del dolore e poi, presa fiducia, ha avuto un lungo periodo di stabilizzazione. Qui in struttura aveva migliorato anche l’umore. Ci ha ringraziato parecchie volte, però il suo punto fisso era quello che fosse rispettata la sua volontà di non andare oltre con i trattamenti. In questo senso è stata molto brava anche la famiglia, perché nel momento del tentennamento più che umano abbiamo lavorato con colloqui, abbiamo sottoscritto anche un protocollo di conferma delle volontà del paziente. Un passo importante nei confronti dei famigliari».
Marton, riconoscono i medici, ha avuto una famiglia forte che l’ha seguito fino alla fine e ha sostenuto la sua volontà. La dottoressa Monica Maccari è stata accurata nel mettere in cartella un protocollo scritto, per dare tranquillità anche ai parenti su una scelta di cui Marton era fortemente convinto. Per cui la moglie e la figlia, prima titubanti, sono arrivate serenamente alla scelta di rispettare la sua volontà. Il personale che lavora all’hospice viene seguito in maniera particolare con una formazione professionale specifica e sostegno psicologico. C’è attenzione anche nei loro confronti. Perché è un ambiente dove anche gli specialisti vengono messi emotivamente a dura prova. «C’è una supervisione esterna perché è impossibile rimanere indifferenti nei confronti di malati assistiti a lungo in un percorso che non di rado termina con la morte di persone anche giovani» ha spiegato la dottoressa Diana Castellan, responsabile dell’area socio sanitaria del Bonora «Qui si è a contatto con la sofferenza e ovviamente si deve avere un sostegno per elaborare quanto si vive».
«Però attenti alle apparenze, dovete sapere che c’è più vita qui che fuori» afferma Rosanna Primavera, la psicoterapeuta dell’hospice «Qui si sviluppano forti momenti di condivisione che aiutano a superare le molte difficoltà. C’è un forte senso di solidarietà. Da questo punto di vista l’hospice è un’esperienza lavorativa importante e richiede una professionalità specifica e una competenza nella gestione con il prossimo. Il contatto con la persona morente diventa un percorso personale umano. Le persone che vengono all’hospice possono cambiare anche il tuo percorso, perché dai valore a delle cose che comprendi solo quando sei a contatto con la terminalità. L’evento della morte rischia di essere particolarmente stressante, per questo c’è un sostegno continuo alle persone che lavorano, proprio per aiutarle a metabolizzare tutta una serie di emozioni. Alla fine la morte dell’altro è anche la tua morte». (g. a.)
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