Vecchiato: «Giusto disciplinare ma non bloccare la produzione»

La nuova legge? Bene, ma il tetto sulla produzione è un controsenso. Parola di Sandro Vecchiato, patron, con il fratello Michele, del Birrificio Antoniano. Le loro birre, ancor prima di assaggiarle,...

La nuova legge? Bene, ma il tetto sulla produzione è un controsenso. Parola di Sandro Vecchiato, patron, con il fratello Michele, del Birrificio Antoniano. Le loro birre, ancor prima di assaggiarle, parlano della nostra città: di Padova portano i nomi (c’è la Portello, la Eremitani, l’Altinate) e le immagini, che di etichetta in etichetta ritraggono i luoghi simbolo della padovanità.

Il loro terreno di produzione, 120 ettari, va dalla zona di Torreglia a quella di Scorzè, passando per Rubano. E recentemente, oltre all’orzo, hanno cominciato a coltivare in proprio anche il luppolo, cosa rara dalle nostre parti.

«Siamo i primi dal 1860» racconta Sandro Vecchiato «perché coltivare il luppolo è un altro mestiere, un’attività sopra l’attività. In più, in Italia, abbiamo sempre avuto un sistema bloccato da cinque birrifici nazionali che avevano l’approvvigionamento in altre zone. Il luppolo nostrano era un prodotto senza mercato, perché mancava la domanda». L’Antoniana, però, è una birra artigianale al 100%: fatta non solo con prodotti locali, ma anche a coltivazione diretta. E del tetto sulla produzione, che vorrebbero sia la legge nazionale sia la proposta regionale, l’azienda non sa che farsene.

«È riduttivo pensare che un limite alla capacità produttiva sia garanzia di qualità. La nostra arte sta nel fare una birra buona, poca o tanta che cosa cambia? È vero invece che l’artigianato ha un valore, ed è giusto proteggerlo ed incentivarlo disciplinandone la modalità di produzione. Non certo la quantità».

Per l’imprenditore, «la produzione industriale mira solo a massimizzare profitto, indipendentemente da come si produce: che si faccia birra o nastro da pacchi è uguale. La produzione artigianale è fatta con arte e cultura, presenza e dedizione quotidiana. Ma un imprenditore lavora per vedere crescere la sua azienda: se gli togliamo il sogno di poter diventare grande, gli togliamo la grinta necessaria per andare avanti. Se la mia impresa crescere, allora posso cambiare lavoro». (s.q.)

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