Veneto Nanotech, chiesto il processo per i vertici della società

PADOVA. L’infelice parabola di Veneto Nanotech, la società emanazione della Regione naufragata in un concordato preventivo, registra un ulteriore scossone. La Procura di Padova ha chiesto il processo per tre persone ai vertici della società e responsabili di un progetto per cui avrebbero chiesto più soldi di finanziamento di quanti non ne spettassero, falsificando i registri delle ore lavorate dai ricercatori. Una truffa da oltre mezzo milione di euro.
Per il padovano Nicola Trevisan, amministratore e direttore generale, Piero Schiavuta e Diego Basset in qualità di responsabile del progetto e direttore scientifico dello stesso, il pubblico ministero Silvia Golin ha chiesto il rinvio a giudizio. Per tutti e tre l’accusa è di truffa: avrebbero gonfiato le ore lavorate dai ricercatori a un progetto che veniva finanziato dalla stessa Regione tramite fondi della Comunità Europea. In sostanza avrebbero ricevuto 2.727.736 euro invece di 2.172.416.
La società avrebbe incassato 582.083 euro di troppo, che è il valore del sequestro preventivo emesso dal gip. Le indagini, inizialmente svolte dalla Guardia di finanza di Venezia, erano arrivate a Padova e da qui l’inchiesta era finita a Milano per poi tornare a Padova, sede ritenuta competente in quanto qui era stato fato il bonifico della prima tranche del finanziamento in favore di Veneto Nanotech e oggetto della contestazione. Ieri davanti al giudice dell’udienza preliminare la difesa di Trevisan, (avvocato Alberto Berardi) ha chiesto un supplemento di indagine e il gup Domenica Gambardella ha concesso due settimane. Si tornerà in aula per decidere del rinvio a giudizio il 16 dicembre.
Come detto, il caso giudiziario è solo un’ulteriore tegola che cade sul destino di Veneto Nanotech. Quello che doveva essere il fiore all’occhiello della ricerca scientifica della Regione Veneto si è infatti già infranto contro uno scoglio da sette milioni di debiti. Promossa da Giancarlo Galan nel 2003, Veneto Nanotech nasceva sotto i migliori auspici, con un cda in cui sedevano enti locali, i quattro atenei veneti uniti nel Civen (Consorzio interuniversitario veneto), rappresentanti del sistema bancario, del mondo imprenditoriale e artigiano.
Ma il sodalizio non dura. Poco per volta arrivano le defezioni tanto che la Regione è costretta a una serie di ricapitalizzazioni, fino a trovarsi con il 76% della società in mano. E le cose non vanno come sperato. La società accumula debiti, e quando arriva a meno sette milioni, la Regione si arrende. Dopo tre bilanci chiusi in rosso, la società viene messa in liquidazione.
Si iniziato a spulciare le carte, si scopre che i finanziamenti per i progetti non avevano una destinazione così chiara come avrebbero dovuto. Le indagini del finanzieri si concentrano su un progetto in particolare relativo allo stoccaggio dell’idrogeno. In realtà, sembrerebbe, una sorta di cortina fumogena per celare un fiume di denaro incassato ingiustificatamente, gonfiando le ore lavorate a dismisura.
Secondo le indagini almeno 30 mila ore per un valore di quasi 600 mila euro. Sono questi i termini della truffa che il pm Golin contesta a Nicola Trevisan, Piero Schiavuta e Diego Basset. La stessa Veneto Nanotech è citata come responsabile amministrativo dal momento che, secondo l’accusa, non avrebbe adottato modelli di organizzazione e gestione idonei a prevenire i reati. Spetterà ovviamente al Tribunale stabilire le responsabilità degli imputati. Emerge del resto come - in questa come in tante altre società pubbliche - il fatto che controllori e controllati (la Regione e la sua società) di fatto coincidessero non abbia spianato la strada al successo del progetto. —
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