VENEZIA E L'EGITTO Da San Marco alle galee al fascino dei faraoni
Un rapporto soprattutto commerciale che conquista anche l'arte. Il furto della reliquia e i viaggi di Belzoni

La splendida «Pala feriale» dipinta nel 1345 da Paolo Veneziano, con i figli Luca e Giovanni: arriva dal Museo di San Marco e verrà esposta nella Sala dello Scrutinio a Palazzo Ducale
Ma che Egitto di Venezia? La domanda è lecita, capovolgendo un popolare modo di dire, pensando alla mostra - intitolata appunto Venezia e l'Egitto - presentata ieri al Circolo della Stampa di Milano e che si svolgerà dal primo ottobre al 22 gennaio 2012 a Palazzo Ducale, nella Sala dello Scrutinio, trasformata in spazio espositivo per l'occasione. Esposte circa trecento opere tra reperti archeologici, oggetti e opere d'arte, che vanno dall'età classica fino all'apertura del canale di Suez nel 1869 a opera del francese Ferdinand de Lesseps, ma su progetto iniziale del trentino Luigi Negrelli, dopo che già nel Cinquecento il governo veneziano proponeva di realizzare un "Canale del Faraone" per facilitare i commerci e i rapporti con l'Egitto. Sono soprattutto i musei italiani - ma un terzo delle opere, come ha ricordato il presidente della Fondazione Musei Civici Veneziani Walter Hartsarich, arrivano direttamente dalle stesse raccolte lagunari - ad «alimentare» questa mostra, curata da Enrico Maria Del Pozzolo, Rosella Dorigo e Maria Pia Pedani, che hanno voluto anche ricostruire le collezioni private di reperti egiziani, che si trovavano nel palazzi della Serenissima e che furono poi disperse. Praticamente nulla, invece, arriva dall'Egitto, nonostante l'esposizione sia presentata come la prima dell'era post-Mubarak. Al di là dell'indiscussa capacità dei curatori e della loro competenza scientifica, i dubbi toccano l'impianto generale dell'esposizione, organizzata in gran fretta, anche per motivi di ostpolitik lagunare, che riguardano in particolare il Porto di Venezia - tra i promotori del progetto con il Comune - e i suoi rapporti commerciali con lo scalo di Alessandria, con l'avvio della nuova linea Ro-Pax Venezia-Alessandria-Tartous (Siria). Una mostra che, non a caso, ha scelto come termine cronologico l'apertura del Canale di Suez e come punto di partenza il trafugamento del corpo di San Marco da Alessandria e che per «reggersi» economicamente, in assenza di robusti sponsor, ha dovuto inventarsi un aumento "obbligato" di due euro per i visitatori di Palazzo Ducale (interessati o no a vederla) nel periodo della sua durata. Ma da quell'828, quando il corpo di Marco fu traslato ad Alessandria, al 1869, sono esistiti davvero rapporti continuativi e fecondi tra Venezia e l'Egitto sul piano artistico e culturale, oltre che commerciale, come pure avvenne nel periodo medievale? E' questa la domanda a cui la mostra dovrà credibilmente rispondere, al di là di un Egitto immaginato dalla sponda lagunare, come quello che sarà rappresentato dalla sezione dedicata ai grandi artisti veneti, con la serie completa, ad esempio, delle 27 incisioni di Giandomenico Tiepolo che trattano di un tema biblico come La Fuga in Egitto, ma esposte anche tele di soggetto «egiziano» di Giorgione, Tiziano, Amigoni, Piazzetta, Tiepolo. Dal vero sono invece le suggestive vedute egiziane dipinte nell'Ottocento da Ippolito Caffi, che però era bellunese. Un'altra sezione della rassegna è dedicata anche al vero e proprio trafugamento, delle reliquie di San Marco da Alessandria, con l'esposizione, tra l'altro del Reliquiario di San Marco che giungerà dai Musei Vaticani e della Pala Feriale di Paolo Veneziano, che si sposterà dalla Basilica marciana per l'occasione. Ma qual è il rapporto con Venezia di quell'Indiana Jones padovano che fu Giovanni Belzoni - a cui dedicata un'altra sezione della mostra - straordinario personaggio vissuto tra la fine del Settecento (quando Padova dipendeva ancora dalla Serenissima, unico legame con essa) e la prima parte dell'Ottocento e capace di eccezionali scoperte archeologiche, come l'ingresso della tomba di Chefren a Giza? Una domanda che potrebbe valere per l'antropologo rodigino Giovanni Miani, anch'egli in mostra, per la sua ricerca sul campo, alla metà dell'Ottocento, delle sorgenti del Nilo. E, al di là della qualità delle opere in mostra - da scoprire tra poche settimane - desta piuttosto curiosità la parte documentaria dell'esposizione, proveniente dall'Archivio di Stato di Venezia e riferita in particolare ai rapporti commerciali dell'inizio del Quattrocento tra la Serenissima e l'Egitto, come il Contratto d'acquisto di una schiava nera da parte del console veneziano ad Alessandria o il Contratto di vendita di un prigioniero cristiano acquistato dal prete del console veneziano ad Alessandria. Venezia deve tornare a proporsi - specie ricorrendo a uno spazio museale come Palazzo Ducale, da tempo non più usato per le mostre - con iniziative espositive di alto livello, a maggior ragione, come in questo caso, quando esse propongono confronti di civiltà. Tra poche settimane scopriremo se Venezia e l'Egitto, al di là dei dubbi, rientra in questa categoria.
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