Vent’anni fa l’omicidio di Beatrice Soattin. Il papà: «Un dolore atroce che non passa»

La piccola aveva 8 anni e venne soffocata dal fratello sedicenne di un’amica. «Vorrei le intitolassero una strada» 

ESTE.

Vent’anni non hanno attenuato il dolore straziante per la perdita di una figlia. La sua cameretta è stata ricostruita uguale nella casa nuova e tutto è come il giorno nel quale Beatrice Soattin è morta. I soprammobili, le foto i giocattoli. Tutto. Manca lei, manca dal 3 gennaio del 1999 quando venne uccisa da un sedicenne vicino di casa. Il nostro giornale non ha mai rivelato la sua identità, poiché era minorenne quando ha commesso il fatto.



Per il papà Gianfranco e la mamma Lucia tutto è come allora. Ora si coccolano i tre bambini – un maschietto, Giovanni e due femminucce, Anna e Maddalena – che ha avuto la figlia Marta. Sono nonni felici ma il ricordo di Bea è ancora lì a trafiggere il loro cuore. Il papà va al cimitero anche due, tre volte al giorno. Sistema la tomba, cambia i fiori, pulisce la foto, non lascia mai sola la sua piccolina».

Gianfranco, come sono passati questi vent’anni?

«Nel dolore continuo e nel ricordo di Beatrice. Una morte che io e mia moglie non potremo mai accettare. La speranza è che nessuno debba provare quello che abbiamo passato noi».

La città ha dimenticato un delitto così atroce?

«La sensazione è che la gente dimentichi tutto. Porto con me il dispiacere per le varie amministrazioni comunali che si sono succedute, per il fatto che non abbiano voluto intitolare una strada a mia figlia. Da via Rovigo alla rotonda della zona industriale è stata aperta la strada chiusa da molti anni, ma mi è sempre stato risposto che si può intitolare una strada a un defunto solo se ha fatto del bene alla città. Credevo che una morte del genere potesse sopperire a questa necessità. In altre città d’Italia accade, ma non a Este. La cura del capitello che la ricorda, nel punto in cui è stato nascosto il corpo dopo l’omicidio, è ancora mia dopo vent’anni: il Comune non se ne fa carico. Sono due particolari che non fanno che aumentare la nostra amarezza. Ma alimentare le polemiche è l’ultima delle mie volontà. Al capitello ogni lunedì del mese di maggio viene recitato il Fioretto grazie alla parrocchia delle Grazie. Un bel modo per onorare la memoria della mia bambina».

Sono mai arrivate delle scuse dalla famiglia dell’omicida?

«Un giorno abbiamo trovato una lettera nella cassetta della posta scritta dalla mamma del ragazzo, che raccontava del loro dolore per quanto commesso dal figlio. Oltre a questo poco di più. Delle scuse chiare e, per così dire, ufficiali, non sono mai arrivate. Oggi alle 18. 30 in duomo viene celebrata una messa di suffragio per Beatrice».

LA RICOSTRUZIONE

Il 3 gennaio 1999 era un giorno qualsiasi a Este, una domenica nebbiosa. Alle 16 Beatrice Soattin, 8 anni, esce di casa. Percorre solo pochi metri per raggiungere l’abitazione di una compagna di scuola e amichetta del cuore. È convinta di trovarla, ma la piccola è uscita con i genitori. Le apre il fratello di lei, sedicenne. La porta in mansarda, dove sta giocando con il computer. Qui la soffoca con un cuscino. Il delitto viene commesso fra le 16 e le 17, nessuno è mai riuscito a spiegare cosa abbia scatenato la furia omicida. Dopo il delitto il ragazzo mette l’esile corpo della bambina in uno scatolone, che porta vicino al cassonetto, servendosi di una carriola. All’1,30, messo sotto torchio dai carabinieri, confessa l’omicidio. Este è sotto choc. –


 

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