Via d’Acquapendente, zig zag col rischio

Incrocio via Manzoni - via Fabrici d’Acquapendente. La prima è la circonvallazione che chiude ad est la città: straripa di traffico, molti camion, la linea urbana numero 3, due extraurbane, una verso sud, l’altra a raggiungere Salboro e poi fino a Bovolenta, autolettighe della Croce Verde da e verso l’Ospedale. Un primo tratto di via D’Acquapendente spara traffico tra il Cus e il pattinodromo, altri flussi provengono da Santa Croce e dalla cittadella sanitaria: il fulcro di questo fiume di metallo è la piccola rotonda ornata di siepi e cespugli di bosso, attorno un carosello di rombi, una nebbia di scarichi, qualche clacson furioso, a volte lo stridore di freni. D’altra parte la rotatoria è provvidenziale, con il semaforo era un calvario con mobilità a singhiozzo e infinitamente più pericolosa. L’area, comunque, a questo incrocio, resta ad alto rischio per le biciclette. Fa quasi da contrappunto alla pista ciclabile lungo via d’Acquapendente che scende dal ponte, passa davanti alla chiesa della Madonna Pellegrina e alla caserma della Polizia di Stato. Perché questa pista è tra le è più belle di Padova: supera i tre metri di larghezza ed è dritta come una freccia: un invito alla pedalata veloce? Ma non è consigliabile, come confermano le testimonianze.
«Non è consigliabile correre come una scheggia, sognando Armstrong o Contador – dice Edith, altoatesina d’origine trapiantata a Padova da vent’anni, che pratica il ciclismo di quartiere con passione – la pista è promiscua, la usano sia i ciclisti che i pedoni. Molti pedoni, soprattutto anziani (l’età media dei residenti è qui piuttosto elevata) sono convinti di muoversi su un marciapiede e camminano in mezzo alla pista come fossero nel salotto di casa». «All’inizio, poi, subito dopo il ponte – spiega Mirella - c’è una strettoia e c’è l’incrocio con via Comino e via Tre Garofani, ci sono anche traverse da cui escono le automobili e accessi di condominio, qui bisogna stare molto attenti ai veicoli in cerca di sosta che fanno manovra. In questa situazione auto e biciclette dovrebbero comportarsi con la stessa cautela».
Alessandro è in sella ad una bicicletta ultraleggera, davvero invidiabile, è una due ruote vissuta e il ragazzo la “cavalca” con agilità. «Percorro questa strada tutti i giorni – dice – e trovo questa pista straordinariamente sicura. Ma quale pericolo? Il rischio c’era, e grosso, anni fa, prima che fosse costruita, ti giocavi la pelle a fare lo slalom in mezzo alle automobili». Un signore di mezza età: «Sono nato qui e qui ho vissuto. La bicicletta, secondo me, in una città di queste dimensioni è il mezzo più bello per muoversi. Ma ricordo che quando non c’era la pista avevo attaccato la bici al chiodo. Mi era capitato di essere sorpassato a destra e mi ero trovato a pedalare sulla linea di mezzeria con un vortice di auto a destra e un inferno di veicoli a sinistra. Ora, invece, si può pedalare, naturalmente facendo attenzione. Certo, fanno paura i pali dell’illuminazione che si trovano per un tratto a bordo pista. Forse sarebbe prudente spostarli, ma bisogna ricordarsi che una pista ciclabile cittadina non è un percorso da ciclocross». “In cauda venenum”. Il veleno sta nella coda, cioè alla fine, quando, percorsa via D’Acquapendente ti trovi ad affrontare la rotatoria. C’è un’altra pista ciclabile protetta proveniente da via Manzoni e un’altra, sempre in via Manzoni ma che viene dal sud, da via Giordano Bruno-Santa Croce, in parte protetta, in parte disegnata. I passaggi pedonali e ciclabili sono ben segnati e tuttavia con un traffico del genere, soprattutto a mezzogiorno o all’imbrunire, attraversare la strada fa venire la pelle d’oca. Il signor Gianluigi consiglia di fermarsi e, al limite, di passare con la bicicletta a mano e tutte le persone di mezza età e le signore con la borsa della spesa dovrebbero seguire questo suggerimento. Abbiamo visto ragazze e giovanotti attraversare insinuandosi nel traffico come uccelli in mezzo alle foglie. «Ci vuole un po’ di colpo d’occhio e di intelligenza – dice Tatiana, una giovane moldava – noi donne in questo siamo più brave, gli uomini si buttano nella mischia e, a volte, rischiano grosso».
Fermiamo Franca - e mi sento un incrocio tra un vu’ cumprà e un pappagallo da strada – perché è giovane, alta, molto bella. Lei attraversa l’incrocio senza smontare dalla bici? Chiedo. «Certo, ma con me le macchine si fermano, sono tutti così gentili».
E la giovanotta non sa che cosa rischia con le vecchie signore alla guida, poche, per sua fortuna.
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