Via San Fermo, addio alla boutique Bulgari

Ha chiuso la gioielleria. Rossi (Confesercenti): «Città sempre meno attraente per le firme»

PADOVA. Via San Fermo ha perso un altro gioiello: ha chiuso il negozio Bulgari.

Lì dove c'erano le lettere dorate a comporre il nome del grande marchio, ora solo macchie scure. Se ne va da Padova un'altra grande griffe: questa chiusura segue quella di Cartier, che ha chiuso già da qualche tempo.

«La scelta di Bulgari è strategico-territoriale e per noi un segnale molto preoccupante perché la perdita di questa insegna penalizza la città», commenta Nicola Rossi, presidente di Confesercenti. L'azienda di origine greca (Bulgaris il vero nome della famiglia che ha dato origine al business dei preziosi) mantiene le due boutique veneziane: chi vorrà acquistare gioielli, accessori e orologi in un negozio monomarca dovrà recarsi in Calle Larga o all'aeroporto Marco Polo di Tessera.

Sembra dunque una scelta che segue il turismo: Padova, da questo punto di vista, offre meno risorse di pubblico rispetto alla città lagunare e non garantisce degli ingressi adeguati in negozio. Inoltre molte grandi griffe stanno concentrando i loro investimenti in paesi emergenti, come l'Arabia Saudita, sacrificando i negozi meno redditizi in altre parti del mondo.

«Non sappiamo se e chi rimpiazzerà il locale sfitto. Di certo sarà difficile avere un altro marchio altrettanto prestigioso e di qualità», continua Rossi. «La scelta di lasciare Padova da parte di Bulgari conferma il nostro timore che la città abbia preso una china qualitativa discendente. L'asse Prato della Valle-piazze lo conferma: molti i negozi sfitti da tempo e non più riallocati, come l'ex Vittadello di via Manin, chiuso oramai dal giugno 2012». Non aiuta il costo degli affitti: spesso altissimo, per molte attività del tutto insostenibile. E quindi l'emorragia di insegne più o meno prestigiose continua, con scarse speranze in un rinnovo che mantenga elevato l'aspetto qualitativo. «Ci auguriamo che al posto di Bulgari subentri un marchio altrettanto importante. E non qualche negoziante cinese con ampie possibilità economiche che però proponga un'offerta di prodotti di scarso livello».

Annalisa Celeghin

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