Via San Fermo nel mirino dell’estremista espulso

La scorsa settimana rimpatriato dai carabinieri anche un tunisino
BARON - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - SALDI IN VIA SAN FERMO
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PADOVA. Il Santo e Prato della Valle, ma anche via San Fermo, il boulevard dello shopping di lusso, simbolo più di altri del benessere all’occidentale, della moda e dello sfarzo che l’Islam estremo ripudia: sono questi i “bersagli” che Imadeddine Guenfoud, il marocchino trentaduenne di Mortise, espulso l’altro ieri dall’Italia per motivi di sicurezza dello Stato, aveva filmato con il suo cellulare.

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Ma Guenfoud non era l’unico pericolo. Infatti, i carabinieri, una settimana fa hanno rimpatriato un tunisino che dava segni di radicalizzazione.

Quella del marocchino è una sequenza girata in auto, partendo da Pontecorvo, passando accanto alla basilica, fermandosi per una lunga panoramica sul Pra e poi in via San Fermo. Una giornata di sole, nessun commento di sottofondo. Un filmato che di per sè non dice niente. Ma è stato nel momento in cui gli agenti della Digos diretta dal vice questore aggiunto Carlo Ferretti hanno trovato anche un video dove il sostenitore del jihad dichiarava «Morire per una giusta causa è una cosa bella, mi devo preparare» che quel video si è tradotto in una minaccia.

Quel venditore ambulante di pigiami e calzini, che in passato aveva lavorato anche in un albergo di Abano Terme, che imponeva il velo alla moglie che più volte lo ha denunciato per percosse e che ha ottenuto la separazione) e persino alla figlioletta di quattro anni, ha richiamato su di sè le attenzioni della polizia oltre un anno fa. Sono stati gli stessi membri della comunità musulmana che frequenta il centro islamico di via Turazza a segnalare i suoi comportamenti sempre più estremisti alle forze di polizia. «C’è un’ottima collaborazione con le comunità musulmane» conferma il questore Gianfranco Bernabei, «i centri di preghiera sono frequentati da comunità sane e i casi di “mele marce” sono davvero pochissimi. Quello che è rilevante» sottolinea il Questore, «è che sono gli stessi membri delle comunità i censori più severi di questi soggetti, perché loro per primi hanno interesse a tutelare la loro immagine». Sentinelle sul territorio, quindi. Grazie alle loro segnalazioni, la Digos sta tenendo sotto controllo almeno altri cinque soggetti sospettati di simpatizzare con forme estreme di proselitismi legati in particolar modo alla corrente salafita. Persone che frequentano centri di preghiera sia a Padova che nei paesi della provincia.

«Un aspetto confortante emerso nel corso delle indagini a carico di questa persona» aggiunge il questore Bernabei, «è che i suoi proseliti non avevano molto seguito, anzi. Mesi fa era stato addirittura allontanato dal centro di via Turazza. Era un solitario, non aveva carisma da leader, non è riuscito a creare una rete intorno a sè. Anche per questo non ci sono stati riscontri oggettivi per accusarlo di minaccia terroristica. A suo carico non ci sono rilievi penali, tuttavia proprio il suo essere un fanatico “a briglia sciolta” ha convinto del suo potenziale pericolo». Non avrebbe colpito su ordine di qualcuno, evidentemente. Avrebbe dato seguito a un colpo di testa. Imprevedibile. Un rischio da evitare.

Tra i suoi unici contatti “importanti” la polizia ha intercettato l’imam di Schio, espulso più di un anno, fa e un altro radicalizzato di Pordenone. Gli agenti della Digos in più occasioni hanno puntato la lente su un gruppo di connazionali con cui il Imadeddine Guenfoud spesso si trovava per giocare a calcetto. Il sospetto era che il gioco potesse essere solo un pretesto per avvicinare altre persone alle sue posizioni radicali. Circostanza che è stata fortunatamente smentita. Il trentaduenne l’altro giorno davanti al giudice di pace che doveva convalidare l’atto di espulsione del Viminale ha fatto una sorta di coming out: «È vero» ha detto, «sono stato salafita, ma non lo sono più». Una confessione che non ha convinto nessuno e che non gli ha evitato il foglio di via.

Oggi per il rogo della Befana in Pra sarà applicato il consueto dispositivo di sicurezza con le squadre antiterrorismo.

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