Violentata e segregata a Padova, il profugo: «Nessuno stupro, solo liti»

PADOVA. Nessuno stupro. «Sì è vero ci siamo conosciuta su Facebook, è venuta a trovarmi qui in Italia e non voleva più andare via... Ma le regole del condominio non mi consentono di accogliere ospiti, per questo abbiamo litigato». Ecco la difesa di Peter Chiebuka, il nigeriano 26enne richiedente asilo finito in manette sabato mattina con l’accusa di avere violentato e segregato per 11 giorni una ventiduenne ceca, conosciuta in rete.
Una vicenda che ha scatenato il popolo del web con frasi di odio e commenti irripetibili pronunciati senza distinzioni di sorta. Ieri mattina l’interrogatorio con la convalida dell’arresto; al termine il gip padovano Mariella Fino ha applicato la misura di custodia cautelare massima (cioè la detenzione in carcere).
Misura chiesta dal pm Marco Brusegan, titolare dell’indagine, che contesta i reati di sequestro di persona, violenza sessuale continuata con minacce di morte, rapina aggravata perché compiuta nei confronti della vittima segregata in una stanza dell’appartamento che l’immigrato aveva a disposizione a Tribano.
Difeso dall’avvocato Stefano Corbo, il nigeriano ha insistito: si erano messi d’accordo per vedersi. E lei era arrivata a casa sua. Consenzienti i rapporti sessuali che sarebbero avvenuti. Anzi, lei non voleva proprio andarsene tanto da metterlo in difficoltà per il divieto condominiale di accogliere ospiti.
Da qui le liti, ma anche l’accordo che sarebbe andato lui a trovarla nel suo paese. Una versione alla quale il giudice non ha creduto, mentre la procura sta vagliando attentamente il racconto della ragazza.
Il 30 novembre è lei ad avvertire della sua prigionia un amico in Francia. Quest’ultimo è pronto a chiamare la questura di Padova che, tramite il sistema positioning, accerta come il cellulare dal quale era partita la richiesta di aiuto (con geolocalizzazione), si trovasse in un appartamento a disposizione dei richiedenti asilo nel condominio di Tribano. Sono informati i carabinieri del paese che bussano a casa di Chiebuka: lui nega che ci sia una donna, allora i militari entrano in camera da letto e trovano la giovane.
«Ci sentivamo tramite whatsapp da un anno... Mi diceva che ero bellissima e che mi voleva far visitare Padova... All’inizio ero contenta perché aveva promesso di stare con me, di sposarmi» ha raccontato la vittima, «Il giorno dopo ho capito che non avrebbe mantenuto le promesse. Mi ha chiuso a chiave in camera». Da quel momento l’inferno durato 11 giorni.
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