Bregovic: «I miei show dialogo tra culture»

Venerdì a Vicenza. In uscita due album che coinvolgono le tre principali religioni. «Il popolo gitano è un esempio di pace»
01/05/2015 Roma. Piazza San Giovanni, concertone del 1 Maggio organizzato dai sindacati. Nella foto Goran Bregovic
01/05/2015 Roma. Piazza San Giovanni, concertone del 1 Maggio organizzato dai sindacati. Nella foto Goran Bregovic
VICENZA. L’istrionico Goran Bregovic, cantante, chitarrista e compositore, nato a Sarajevo nel 1950, venerdì 8 settembre alle 21, assieme alla sua Wedding & Funeral Band, farà ballare Vicenza con “If you don’t go crazy, you are not normal”. L’appuntamento è in piazza dei Signori all’interno della rassegna Vincenza in Festival.


Che tipo di scaletta ha preparato?


«Faremo un concerto gioioso con dei brani che ho scritto per il cinema, per la mia opera “Karmen with a happy end” e per l’ultimo disco “Champagne for the Gypsies”».


Due anni fa ci aveva parlato di un nuovo album “Three Letters from Sarajevo” quando uscirà?


«Il progetto sarà suddiviso in due album. Il primo, che uscirà ad ottobre, conterrà delle canzoni e il secondo, che sarà pubblicato l’anno prossimo, sarà incentrato su un concerto per violino e orchestra sinfonica».


Come è nata l’idea del nuovo lavoro?


«È cominciato tutto con una commissione della chiesa di Sant Denis a Parigi per un concerto per violino e orchestra sinfonica. Sono partito da due metafore su Sarajevo che è una città che rappresenta il mondo attuale. La prima metafora è quella che dice che oggi siamo buoni vicini di casa e domani ci spariamo l’uno contro l’altro perché siamo di diverse religioni. L’altra è legata alle tre maniere in cui si suona il violino: quella classica dei cristiani, klezmer degli ebrei ed orientale dei musulmani. Il concerto per violino e orchestra sinfonica è suddiviso in tre parti corrispondenti a tre lettere: una cristiana, una ebraica e una musulmana. Ad eseguirla sono tre violinisti: Mirjana Neskovic proveniente dalla Serbia, Zied Zouari dalla Tunisia e Gershon Leizerson da Israele».


Anche l’album di canzoni vedrà protagonisti artisti rappresentanti le tre religioni?


«Sì. Ci saranno tre grandi cantanti: l’israeliano Asaf Avidan, l’algerino Rachid Taha e la spagnola Bebe».


Gli artisti possono ancora contribuire ad alimentare una coscienza di pace?


«Non credo che gli artisti possano cambiare il mondo però possono mettere un po’ di sale nel cibo. Tutti devono dare il loro contributo però, non solo gli artisti».


Lei ha sempre considerato il popolo gitano un esempio per la pace.


«È l’unico popolo che non ha mai dichiarato guerra a nessuno. Il pensiero contemporaneo poi è molto influenzato dai gitani. Il fatto che tutti vogliano vivere concentrandosi sull’oggi e non su ieri o su domani rappresenta un risultato di questa influenza. La musica gitana poi ha affascinato tanti compositori occidentali».


Lei ama le bande di ottoni gitane perché le sente vicine al primo punk, vero?


«Sì. Da giovane ero così impressionato dal punk perché produceva non solo la musica ma anche la follia con queste chitarre un po’ scordate e questo è importante. Era la stessa follia degli ottoni gitani che sono sempre leggermente fuori tonalità. Il mio spettacolo si intitola “Se non diventi pazzo, non sei normale” perché a che cosa serve la normalità senza un po’ di follia?».


Per lei il concerto è un momento di dialogo fra culture diverse?


«Sì. Per la prima volta nella storia, oggi, le piccole culture influenzano quelle grandi. La mia cultura è proprio piccolissima confronto a quella italiana ma comunque ho un pubblico in tutto mondo. È bello conoscere la cultura degli altri, questo fa la differenza».


È vero che suo padre, colonnello dell’esercito, non era contento che lei facesse il musicista?


«Quale padre può essere contento di avere un figlio che vuole fare il musicista? Immaginiamoci poi un colonnello».


Biglietti: 27 e 32 euro su Vivaticket.it e Ticketone.it.


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