Morto nel sonno il deejay Marco Dionigi, un pezzo di storia del clubbing

Il dj e producer veronese aveva 55 anni, le sue serate all’Alter Ego di Verona hanno fatto la storia dei dancefloor italiani. Le collaborazioni con il Muretto di Jesolo, il cordoglio del mondo della notte

Deejay Marco Dionigi alla consolle (foto da Instagram)
Deejay Marco Dionigi alla consolle (foto da Instagram)

 

A 55 anni è andato a letto e non si è più risvegliato. E’ morto nella sua casa in provincia di Verona il deejay e producer Marco Dionigi, un nome notissimo nel panorama del clubbing italiano e non solo, un artista della musica disco.

Nelle sue serate in consolle all’Alter Ego di Verona come deejat resident e poi nelle ospitate nelle discoteche in tutto il Paese è passata la storia dei dancefloor italiani. Aveva suonato molto in tutto il Nord Est, in particolare al Muretto di Jesolo.

 

«Un eroe gentile, Marco Dionigi: mai smanioso di apparire, contento di stare rintanato prima di tutto nei suoi mondi musicali, nella sua cassa in quattro lenta e ipnotica, nei ricami sonori più profondi ed avvolgenti. Gli bastava, ne era felice – d’altro canto era di una bravura strepitosa, semplicemente strepitosa. Al tempo stesso però era di una gentilezza e di una educazione esemplari, e accoglieva chiunque con un sorriso gentile», il ricordo su soundwall.it, il punto di riferimento del clubbing nazionale.

A confermare la notizia, martedì 22 luglio, un post social del suo management, DB Artists.

A seguire, il cordoglio dello staff dell’Alter Ego, sempre attraverso i social.

La carriera di Dionigi, decollata dall’Alter Ego, era proseguita al Mazoom di Desenzano del Garda. Il suo nome è legato anche alla Maratona d’Estate, oggi un must al Muretto di Jesolo. E poi l’etichetta Tube Records ed i dischi Street Club.

«Davanti a lui, nelle serate dell’Alter Ego e non solo, è passata la storia dei dancefloor italiani: dalle serate più selvagge a quelle più “discotecare” (o entrambe le cose assieme), dalle serate private più nascoste ad avanguardistici party underground capaci nel nuovo millennio di guardare con un occhio intelligente e preparato alla storia del clubbing italiano originario. Marco c’era, con piglio sicuro, con un amore verso la musica immenso, con savoir faire a tutto tondo», si legge ancora su soundwall.it, «Facciamo ancora fatica a crederci. Se per certi versi Marco si è fatto un nome nel “vecchio” clubbing italiano, quello dell’esplosione delle discoteche che incontrano la tech-house, chiunque l’abbia visto suonare negli ultimi anni sa che si era di fronte ad un fuoriclasse assoluto con ancora tantissime cose da dire: tantissime, molto belle, molto stilose. Da dire oggi, badate bene: non nei ricordi, non nei revival».

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