Turetta rinuncia all’appello: «Sono pentito, accetto l’ergastolo»

Filippo Turetta ha inviato una lettera ai giudici in cui comunica di non voler impugnare la condanna per l’omicidio di Giulia Cecchettin. «Non cerco sconti di pena», scrive dal carcere. Legale Cecchettin: «Necessario il pieno riconoscimento delle aggravanti»

Filippo Turetta entra in aula della Corte di Assise
Filippo Turetta entra in aula della Corte di Assise

Filippo Turetta ha rinunciato ai motivi d'appello contro la condanna all'ergastolo per l'omicidio di Giulia Cecchettin. La comunicazione è stata fatta in una lettera a firma dello stesso Turetta, inviata agli uffici giudiziari di Tribunale e Corte d'Appello di Venezia.

Contro la sentenza aveva presentato appello la Procura della repubblica di Venezia, in particolare sul punto relativo al mancato riconoscimento dell'aggravante della crudeltà. Il processo d'appello a Turetta è previsto per il 14 novembre prossimo.

La difesa di Turetta aveva impugnato la sentenza contestando la sussistenza dell'aggravante della premeditazione, riconosciuta dai giudici di primo grado. Anche la Procura della Repubblica aveva impugnato la sentenza, chiedendo il riconoscimento delle aggravanti della crudeltà e dello stalking.

Ad agosto, Turetta era stato aggredito nel carcere di Verona Montorio da un detenuto, che poi è stato trasferito in un altro penitenziario. Nelle scorse settimane, di fronte alla possibile richiesta di giustizia riparativa da parte di Turetta, Gino Cecchettin aveva dichiarato di ritenerla "strumentale".

Turetta, reo confesso, è detenuto dal 25 novembre 2023 a Verona, quando fu trasferito dalla Germania dove era stato arrestato a bordo della sua auto dopo aver nascosto il corpo di Giulia vicino al lago di Barcis (Pordenone) e dopo 10 giorni di fuga.

L’appello 

La proposizione dell'appello della difesa di Turetta, nel maggio scorso, puntava a smontare la tesi della premeditazione sostenuta in aula dal pubblico ministero Andrea Petroni e ad ottenere le attenuanti generiche, negate in primo grado dal collegio composto dai giudici Stefano Manduzio e Francesca Zancan.

Se la Corte d’Assise d’appello dovesse riconoscere la fondatezza di questi due elementi, la pena nei confronti di Turetta - oggi detenuto a Verona - risulterebbe attenuata.

Ancora una volta, l’ultima parola spetterà ai giudici. I cardini su cui poggia l’atto d’appello sono gli stessi sui quali l’avvocato Caruso aveva fondato la sua arringa difensiva nel tentativo di smontare le aggravanti contestate dalla Procura – crudeltà, stalking, premeditazione – ed evitare l’ergastolo. Durante la sua arringa, l’avvocato aveva spiegato come la premeditazione non fosse da riconoscere nei confronti di Turetta dal momento che non era riscontrabile «il mantenimento fermo di un proposito criminoso dal momento in cui insorge l’idea alla realizzazione dell’omicidio».

 Caruso lo aveva descritto come un «hikikomori» che passa ore a giocare al computer, a casa, tra mille dubbi, pochi amici, senza una ragazza prima di «vedere la luce con Giulia».

Il legale di Cecchettin

Legale Cecchettin: “Riconoscimento aggravanti”

"Prendiamo atto di questa rinuncia all'impugnazione da parte di Turetta, che è una scelta processuale legittima quanto l'impugnazione in appello. Come parte civile non intendiamo commentare nel merito la scelta, perché noi non lo abbiamo mai fatto come parte civile".

E' il commento dell'avvocato Stefano Tigani, legale di Gino Cecchettin, alla notizia della rinuncia all'impugnazione della condanna da parte di Filippo Turetta.

"Abbiamo sempre avuto l'unico scopo - ha proseguito Tigani - di dare a questo fatto il corretto inquadramento giuridico, che però dal nostro punto di vista prevede anche il riconoscimento delle aggravanti che non sono state riconosciute in primo grado".

“Bisognerà capire ovviamente che scelte farà la Procura della Repubblica, che ha impugnato, e se nonostante la rinuncia all'impugnazione dell'imputato il processo comunque sarà ancora ammissibile, se sarà ancora procedibile. Ci dispiacerebbe che non lo fosse, perché questa storia si chiuderebbe, certo con un ergastolo, ma non con il pieno riconoscimento del fatto così come è stato compiuto, e che secondo noi prevedeva tutte le aggravanti che sono state contestate. Andiamo avanti dritti per la nostra strada - ha concluso - e capiremo al processo se si proseguirà o meno".

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