«Stipendio alto e passione, ma difficile costruire il domani»: i due volti della vita da stagionale
Matteo Morandini, 22 anni di Reana del Rojale, lavora in un albergo in Alto Adige. Il suo è un esempio positivo, ma il limite resta quello della precarietà. «Destagionalizzare potrebbe essere la strada»

«Sono felice, lavorare nel turismo è la mia passione: certo, con i contratti da stagionale una casa non me la posso comprare». La storia di Matteo Morandini, 22enne di Reana del Rojale, racconta molto delle due facce del mondo di chi è impegnato in questo settore. Da un paio di anni gestisce il servizio di pasticceria in un hotel quattro stelle di San Vigilio di Marebbe, in Alto Adige: un ruolo che lo soddisfa sia a livello professionale sia economico, ma che, come quasi tutto il personale che fa parte di questo ambito, lo costringe ad alcune rinunce. «Al momento non mi pesano, la mia è una scelta di vita e sto bene così. Ma diventa difficile costruire il domani».
Il suo, ad ogni modo, è un esempio positivo. Ha conseguito la qualifica professionale in pasticceria, panetteria e gelateria presso il Civiform di Cividale, poi il diploma presso l’istituto Stringher e sin da subito ha avuto numerose offerte lavorative. «Perlopiù contratti di apprendistato, utili a imparare la professione: in Friuli ho trovato sempre imprenditori onesti». A sedici anni lo stage in Alto Adige che lo ha fatto innamorare del livello dell’accoglienza di quel territorio, e che lo ha convinto a tornare.
Lì si sente valorizzato, sia al livello personale si economico. Ha un ottimo stipendio, (più di 2 mila euro al mese, e vitto e alloggio sono inclusi), e i turni sono ben organizzati. «La sua giornata lavorativa – racconta – inizia alle 8 con il servizio del mattino, che dura fino alle 13. Nel pomeriggio ho almeno quattro ore libere fino alle 17.30, quando prepariamo una merenda per i clienti che rientrare in albergo dopo lo sci e o le passeggiate, in base alla stagione». Poi inizia il servizio della cena, che si protrae fino alle 21.30-22 massimo, in altissima stagione. «Tutto questo per sei giorni su sette, il giorno di riposo non si salta mai».
Ma il limite resta quello della precarietà. I soldi arrivano per otto mensilità l’anno, e, con i contratti rinnovati di stagione in stagione, diventa impossibile programmare una parvenza di futuro. «Lavoro da giugno a settembre, poi da fine novembre a marzo/aprile. Tre mesi restano scoperti». Nell’hotel dove attualmente lavora alla fine di ogni stagione verificano le disponibilità del personale per il periodo successivo, e si firmano dei precontratti, che comunque hanno un periodo temporale definito. Ed è un inquadramento contrattuale che nel settore coinvolge la maggioranze del personale, anche in età adulta e con più esperienza alle spalle.
Ma, secondo Matteo, una soluzione può arrivare dalla destagionalizzazione. «In Alto Adige sempre più aziende del turismo stanno andando in quella direzione. Contratti a tempo indeterminato anche in questo comparto, quella può essere la strada». La sua speranza è quel modello si possa esportare anche in Friuli: «Penso che per la nostra costa la chiave sia rendere le posizioni di lavoro più appetibili, magari con sistema di welfare e salari ad hoc». Proposte chiare e sentite, d’altronde per Matteo il Friuli rappresenta casa: «Un giorno mi piacerebbe tornare lì», confessa. In futuro si vedrà, al momento c’è ancora una vita in costruzione, una Sacher dopo l’altra.
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