Assoluzioni Alpi Eagles «Non c’era l’inganno»

venezia. «Possono essere senz’altro discutibili le operazioni poste in assere, tra l’altro su impulso in prima persona dell’amministratore Sinigaglia (morto prima della fine del processo, ndr), ma appare evidente che l’unica e palese volontà del predetto Sinigaglia e comunque degli amministratori era quella di contrastare la concorrenza e perseguire il recupero e il mantenimento di uno standard che permettesse alla compagnia di continuare a garantire lo svolgimento del servizio aereo di linea. Non si appalesa una volontà di mendacio, né tantomeno ingannatoria nei confronti di terzi, ma l’intendimento di perseguire ogni operazione per mantenere l’esercizio imprenditoriale in atto». Così i giudici veneziani motivano la sentenza di assoluzione perché il fatto non costituisce reato dei sei imputati per il crac, con un passivo di 60 milioni, della compagnia aerea Alpi Eagles. A processo erano finiti l’avvocato trevigiano Stefano Campoccia, Agnese Donatella Sartore, moglie di Sinigaglia, e l’imprenditore calzaturiero padovano Pier Luigi Pittarello in qualità di componenti del consiglio di amministrazione, Raffaele Trolese, commercialista di Piove di Sacco, il commercialista veneziano Renzo Menegazzi e Valerio Simonato, ragioniere di San Donà, come componenti del collegio sindacale. I membri del cda erano accusati di aver iscritto a bilancio voci non corrette e realizzato operazioni sospette non dandone informazione ai soci, mentre i “sindaci” di non aver vigilato.

Secondo i giudici, l’istruttoria dibattimentale «ha evidenziato chiaramente come difetti con certezza l’elemento soggettivo dei reati». E poi ancora che «Il dissesto non risulta provato, neppure sotto il profilo del progressivo aggravamento, come diretta conseguenza (e in quale misura) delle operazioni dolose svolte e di appostazioni ingannatorie». —

Rubina Bon

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