Blindò in un fondo le sue case liquidatori in aula contro Trinca

treviso
I “numeri due” delle ex Popolari venete sono stati i protagonisti della ripresa dell’attività giudiziaria sulle banche. Così ieri mattina, mentre a Vicenza il giudice decideva sulla sussistenza del legittimo impedimento per l’ex direttore generale di Bpvi Samuele Sorato, nelle stesse ore a Treviso si apriva l’udienza per l’azione revocatoria nei confronti dell’ex presidente di Veneto Banca Flavio Trinca. A promuovere il ricorso sono stati i liquidatori dell’istituto di credito e inoltre Intesa San Paolo e la Sga che hanno chiesto al giudice civile di dichiarare nulla la costituzione del fondo patrimoniale del valore di circa 4 milioni di euro nel quale Trinca e la moglie hanno fatto confluire - e blindato - i propri beni. Il fondo è stato creato nel 2013, subito dopo le ispezioni di Banca d’Italia dalle quali sono emerse le irregolarità nella gestione dell’ex Popolare. Obiettivo dei liquidatori, che contestano la legittimità dell’operazione, è quello di “svincolare” le proprietà e di agire sulle stesse per coprire il buco da 1,7 milioni di euro lasciato dall’ex presidente.
Lo scorso novembre i liquidatori avevano annunciato alla Commissione parlamentare d’inchiesta l’avvio di azioni revocatorie nei confronti degli ex vertici dell’istituto. Ieri c’è stata la prima: quella contro Trinca. L’udienza si è tenuta in tribunale a Treviso davanti al giudice Giulia Civiero. I liquidatori e Intesa San Paolo, rappresentati dall’avvocato Giuliano Pavan, hanno chiesto venga dichiarata l’inesistenza o la nullità dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale. Trinca, rappresentato dall’avvocato Alessandro Simonato, ha invece sostenuto che quel fondo era stato istituito allo scopo di far fronte ai bisogni di famiglia e della moglie in caso di problemi di salute. Il giudice ha rinviato a novembre.
Il fondo ha un valore di circa 4 milioni di euro; di esso fanno parte le porzioni delle case di Montebelluna in via Paleoveneti e in via Santa Maria in Colle, di Jesolo in via Altinate, di Cortina in località Pian Sarietto; in sostanza tutte le abitazioni delle vacanze. Esso è stato creato nel dicembre 2013, quarant’anni dopo il matrimonio dei Trinca e appena quattro mesi dopo l’ispezione di Bankitalia in Veneto Banca. Tempi che ai liquidatori sono apparsi quantomeno sospetti. Tanto da ritenere, appunto, che ci sia stata una simulazione.
Per i liquidatori, insomma, quella del fondo sarebbe stata una mossa per sottrarre i beni all’azione dei creditori: nella fattispecie alla banca che lui presiedeva e in cui ha lasciato un buco da 1 milione 711 mila euro. Si tratta dei finanziamenti che gli sono stati concessi dall’istituto e che lui non ha mai restituito. Nel febbraio 2016 il tribunale di Treviso ha emesso, per quella cifra, un decreto ingiuntivo che il mese dopo è stato opposto da Trinca. Nel gennaio 2017 i giudici hanno concesso la provvisoria esecuzione. Peccato però che i beni sui quali agire fossero blindati. Di qui la revocatoria che, se accolta dal tribunale di Treviso, permetterà alla Lca di agire sulle proprietà dell’ex presidente recuperando il credito. —
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