«Bloccare i lavori del tunnel di Malo Il fronte si stacca chi entra rischia»

C’è da fidarsi della galleria di Malo costruita con barre d’acciaio, calcestruzzo e tubi in pvc diversi da quelli pattuiti nel contratto? Pare proprio di no. Altro che Pedemontana da Oscar: quei 6 chilometri sono un salasso da 1 miliardo di euro e il grido d’allarme toglie il sonno di notte. «Qui si stacca il fronte, non tiene il cemento, lo spritz di calcestruzzo viene giù... si spacchetta, a placche belle corpose» dice Filippo, un operaio, a Luigi Cordaro, direttore del cantiere Lotto 1, indagato dalla procura di Vicenza. Nell’inchiesta il gip Matteo Mantovani ha coinvolto anche Fabrizio Saretta, Giovanni D’Agostino e Adriano Turso, direttore dei lavori della Spv, che dovranno rispondere di frode ai danni della Regione Veneto, per utilizzo di materiali non marchiati «CE».
I fatti sono chiari. É il 2 aprile scorso. Cordaro sta parlando al telefono ed è intercettato perché in quel tunnel maledetto tre anni fa è morto un operaio travolto da un masso all’imbocco di Malo, mentre sul lato opposto a Castelgomberto è crollato l’argine del Poscola, il torrente della Miteni. Quella galleria di 6 chilometri sotto la collina di Monte Pulgo sequestrata dalla procura di Vicenza per scongiurare nuovi crolli, è il grande buco nero della Pedemontana e sta rovinando la festa di Salvini e Zaia. L’euforia dell’inaugurazione del primo casello a Breganze che immette sulla A31 Valdastico è svanita sotto il peso dell’inchiesta del procuratore Antonino Cappelleri e della pm Cristina Carunchio che hanno messo i sigilli per salvare l’incolumità degli operai: la galleria sarà puntellata, come un palazzo che perde i cornicioni.
Quelle colline seminate tra i paesi tanto cari a Luigi Meneghello, raccontati nel 1963 nel primo romanzo Libera Nos a Malo, stanno diventando una trappola per Matterino Dogliani e la sua squadra di tecnici arrivata dalla Spagna e da tutt’Italia.
Il quadro che emerge dall’inchiesta della procura di Vicenza è a dir poco allarmante, tanto che da Palazzo Balbi a Venezia preferiscono non replicare in attesa di adottare le contromisure. Tre le irregolarità conteste dal gip Matteo Mantovani ai quattro dirigenti iscritti nel registro degli indagati: le barre d’acciaio senza certificazione CE sono di qualità 355 e non S450 e quindi con una resistenza inferiore rispetto a quella prevista. Pericolo reale? Pare di sì, perché il 25 marzo c’è chi palesa a Saretta tutta la sua preoccupazione: si corre il rischio della rottura della testina molto più rapidamente.
Problemi analoghi per i pozzetti in cemento, con i tubi in pvc da 160 senza marchio CE, tanto che si valuta l’opportunità di sostituire quelli già sotto terra. Ma l’allarme più grosso arriva dal cemento con cui si regge la volta del tunnel delle due “canne”: lo “spritz” di calcestruzzo non tiene, si sgretola e «la gente ha paura, io ieri sera ho visto un altro crollo con il fronte splachettato» dice Cordaro con i nervi a fior di pelle. Gli operai non possono rischiare la vita, meglio bloccare i lavori per ritrovare la serenità. Ci penserà Cappelleri. Per il gip Mantovani i ripetuti crolli, l’incidente mortale, gli smottamenti, gli splaccaggi dello “spritz” sono segnali inequivocabili dei problemi legati alla scarsa qualità del materiale del tunnel di Malo.
«Ciò che si ricava è l’esistenza di un forte, spregiudicato e radicato interesse» ad accelerare i lavori per evitare «eventuali ricadute patrimoniali. Tutto ciò a danno della qualità complessiva» della superstrada Pedemontana per cui era stata vinta la concessione. «Le conversazioni telefoniche dimostrano che la problematica delle certificazioni non conformi era a tutti evidente, ma i cantieri non sono stati bloccati. Anzi. Gli indagati hanno deciso di proseguire lo scavo della galleria con il materiale a loro disposizione senza preoccuparsi di ottenere quello conforme ai contratti», scrive il gip Mantovani. La fretta spesso porta fuori strada. —
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