Palude Venezia, l’ex assessore Boraso patteggia per corruzione
Sancito l’accordo tra Procura e difesa per l’ex amministratore che ha venuto la casa in montagna per avere i soldi per il patteggiamento: 3 anni e 10 mesi di reclusione e 308 mila euro di confisca. A dicembre l’udienza preliminare con 34 indagati tra cui Brugnaro e mister Ching

Dopo una gestazione durata oltre nove mesi e due ore di udienza, martedì 9 settembre l’inchiesta Palude Venezia ha il suo primo punto fermo giudiziario.
La giudice per l’udienza preliminari Carlotta Franceschetti ha infatti accolto la richiesta di patteggiamento avanzata dai legali per l’ex assessore alla Mobilità e alla Gestione del patrimonio Renato Boraso (tre anni e 10 mesi di reclusione e 308.000 euro di confisca per 12 capi di imputazione legati a episodi di corruzione in merito a pressioni esercitate sugli uffici comunali e sulle aziende partecipate Avm, Casinò, Ive per favorire questo o quell’imprenditore compiacente).

In questa fase non è previsto alcun affidamento in prova per l’ex assessore e, al momento, l’avvocato difensore Umberto Pauro non ha chiesto per lui una diminuzione della misura cautelare: Boraso resta quindi agli arresti domiciliari.
Gli altri patteggiamenti
Hanno patteggiato anche gli imprenditori Fabrizio Ormenese (considerato dalla Procura il “procacciatore d’affari“ dell’amico assessore, due anni e 9 mesi di reclusione e 27.000 euro di confisca per i concorsi in corruzione) e Daniele Brichese (tre anni e 10 mesi di reclusione e 7.000 euro, accusato dalla Procura di aver ottenuto favori dall’ex assessore Boraso per la sua impresa Tecnofon).
I patteggiamenti sono frutto degli accordi tra i pubblici ministeri Federica Baccaglini e Roberto Terzo e gli avvocati difensori degli imputati, Umberto Pauro (per Boraso), Leonardo De Luca per Ormenese e gli avvocati Mandro e Sacco per Brichese.
I tempi si sono allungati per permettere all’ex assessore di vendere una proprietà in montagna e riuscire a trovare la somma di danaro necessaria per chiudere l’accordo. Intesa di patteggiamento convalidata dal giudice per l’udienza preliminari Franceschetti.
L’udienza preliminare a dicembre
Boraso (agli arresti dal 16 luglio 2024) resta comunque tra indagati che l’11 dicembre andranno all’udienza preliminare per il rinvio a giudizio: deve rispondere di turbativa d’asta. Per l’accusa avrebbe ricevuto una tangente di 73.000 euro per diminuire il valore di vendita di palazzo Papadopoli Poerio, dai 14 milioni della stima del piano di alienazione del Comune ai 10,8 valutati dall’ufficio stime a poche ore dalla successiva vendita al magnate cinese Ching Chiat Kwong.
Un modo, secondo la ricostruzione della Procura - contestata da tutte le difese e dagli indagati coinvolti - per allettare il magnate all’acquisto dei 41 ettari dell’aria inquinata dei Pili, appartenenti a una delle società del sindaco Luigi Brugnaro, ora confluite in un blind trust.
Sia il sindaco Luigi Brugnaro (con il direttore generale Morris Ceron e il vice capo di gabinetto Derek Donadini, che l’hanno seguito nella sua attività imprenditoriale e poi in comune) sia mister Ching (con il suo braccio destro in Italia Luis Lotti) sono tra i 34 indagati per i quali l’11 dicembre prenderà il via l’udienza preliminare per decidere se, chi e con quale accuse rinviare a giudizio.
I maggiori indagati di Palude hanno sempre respinto con fermezza qualsiasi coinvolgimento.
Tra gli indagati anche gli imprenditori che avrebbero goduto dei favori dell’ex assessore Boraso.
È stata invece stralciata la posizione dell’imprenditore dell’edilizia Claudio Vanin, prima fedele referente delle attività in Italia di mister Ching e poi, dopo il fallimento delle trattative per l’acquisto dei Pili, diventato l’uomo che con 4.000 pagine di esposto ha dato il via all’inchiesta Palude.
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