Crisanti: «Attenzione l’epidemia è all’inizio, l’aggressività del virus non cala ma aumenta»

Il virologo spiega l’alto tasso di asintomatici e di giovani fra i positivi. «Sempre stato così, solo che a primavera si facevano pochi tamponi» 
TOME-AGENZIA BIANCHI-PADOVA - CONFERENZA STAMPA AZIENDA OSPEDALIERA. CRISANTI
TOME-AGENZIA BIANCHI-PADOVA - CONFERENZA STAMPA AZIENDA OSPEDALIERA. CRISANTI

PADOVA. I test rapidi? «Una boiata pazzesca». Il virus che si è indebolito? «Un’altra boiata pazzesca». Non usa giri di parole il virologo Andrea Crisanti, mutuando le parole di Fantozzi - pur in versione edulcorata - nel commentare le ultime novità sul fronte Covid-19.

Professore, nell’ultima settimana ci sono state 866 positività in più. Sono le stesse cifre di aprile?

«Assolutamente no, perché tra questi 866 ci sono moltissimi asintomatici, di cui in primavera quasi non si conosceva l’esistenza. Volendo fare un paragone, i 900 casi di fine aprile corrisponderebbero a 15 - 20 mila casi oggi».

La spiegazione può essere l’abbassamento dell’età media dei contagiati?

«Ma il virus ha sempre colpito i più giovani, solo che ce ne stiamo accorgendo solo ora, perché il numero dei tamponi che eseguiamo è decisamente più alto rispetto alla cifra della primavera. All’inizio si facevano i tamponi giusto a chi stava per morire. I giovani sono sempre stati i più colpiti, perché lavorano, si muovono, escono. È tutta una questione di probabilità».

Cosa intende?

«Intendo che tutto dipende dagli asintomatici. Se i giovani non incontrano, ad esempio, gli anziani ospiti delle Rsa, allora le probabilità che un positivo incontri una persona fragile diminuiscono. Per questo la chiave consiste nell'individuare gli asintomatici, per isolarli subito. Quando ci sarà un numero di casi paragonabile a quelli di inizio marzo, e quindi 30 - 35 mila, probabilmente torneremo a vedere anche dei casi molto gravi e, parallelamente, dei decessi».

Ci arriveremo? Lei sostiene che questa “coda” del virus sia molto simile a quanto visto nei primissimi mesi.

«È vero, ma non so se ci arriveremo. Io analizzo i fatti, non faccio previsioni».

Ma allora il virus non si è indebolito?

«Questa è una delle fregnacce più grosse che abbia sentito in tutta la mia vita. Siamo nella fase iniziale dell’epidemia, in questa fase generalmente i virus aumentano di aggressività. Ma non creiamo inutili allarmismi».

Quindi lei sostiene che se dovessimo riaprire tutto, torneremmo ai numeri della primavera?

«Abbiamo già riaperto tutto».

Mancano le scuole. Come la vede?

«Una grande opportunità per il virus».

Come si fa a metterlo alla porta?

«Prevedendo la misurazione della temperatura all’ingresso, non demandando tutto alle famiglie. Servono termometri tarati nella stessa maniera. E poi abbassando il limite a 37 gradi: diciamo che i giovani sono i più resistenti, e allora che senso ha tarare su di loro le misure che vengono usate con gli adulti? Infine, bisogna impedire di andare a scuola ai ragazzi provenienti da località con focolai attivi, anche se stanno bene. A meno che non vengano sottoposti al tampone».

In pratica, continua a sostenere che la strada da seguire sia sempre quella dei tamponi?

«Certo, bisogna triplicare, quadruplicare la capacità di fare tamponi. Tenere a casa i positivi. Individuare subito gli asintomatici, isolarli, facendo sì che non escano, con il rischio che infettino gli altri, soprattutto i più deboli».

I test rapidi saranno un aiuto?

«Per me i test rapidi sono una truffa. Vanno visti, interpretati e certificati da un medico, insieme ad altre figure. E poi per eseguirli servono tra i 10 e i 15 minuti. Rapidi per chi? Un tampone molecolare può essere eseguito anche da un solo infermiere, che impiega appena un minuto. Ne facciamo tra i 40 e i 50 all’ora».

Quando avremo un vaccino?

«Era stato annunciato che sarebbe stato pronto a novembre, poi ad aprile. Attendiamo». —


 

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