Faccetta nera, l'assessore Donazzan e l'antifascismo leghista in Veneto

«Mai più al governo con la porcilaia fascista, noi siamo gli eredi dei partigiani che hanno lottato per la libertà», tuonò Umberto Bossi stracciando il patto con Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini. Correva l’anno 1994, un’eternità nel fluire della politica; eppure, a dispetto della parabola di Matteo Salvini - ultrà rosso in gioventù, oggi incline a strizzare l’occhio alla destra radicale - tra i lighisti nostrani la vocazione antifascista permane.
Sopìta dalla svolta sovranista, lesta però a riaccendersi d'emblée. Così la sortita di Elena Donazzan - l’assessore all’Istruzione a al Lavoro di Fratelli d’Italia che ai microfoni della Zanzara ha cantato “Faccetta nera” e difeso l’eredità del ventennio di Mussolini - suscita reazioni di sdegno che vanno oltre l’imbarazzo istituzionale e i tatticismi di partito.
Le radici popolari del Carroccio

È lo sconcerto del governatore Luca Zaia, fautore dichiarato di un “laburismo autonomista” irriducibile a ogni richiamo autoritario: «Un atto grave, la cornice satirica della trasmissione non attenua l’offesa a memoria e sensibilità condivise. Chieda scusa e si dissoci pubblicamente da una stagione tragica della nostra storia».
La requisitoria di Giuseppe Pan, capogruppo della Lega in consiglio regionale: «Mio nonno, come tanti cittadini, subì le angherie dagli squadristi, è inaccettabile un revisionismo che neghi le violenze e l’orrore di un regime che ha calpestato ogni libertà trascinando il Paese in una guerra disastrosa. Chi ha un ruolo di rappresentanza istituzionale non può agire con leggerezza».

Autodeterminazione e autoritarismo
L’argomentazione di Alberto Villanova, speaker di maggioranza e promotore delle leggi venete dedicate alla memoria della Shoah e al ricordo delle Foibe: «È stato scritto che chi dimentica la storia è destinato a riviverla. La nostra repubblica, pur tra limiti e contraddizioni, è sorta sulle macerie del nazifascismo ed è cresciuta nel rispetto della democrazia costituzionale. È questo il discrimine: il rifiuto della dittatura e della sopraffazione come strumento di lotta politica. Non ci sono i se e i ma, si tratta di princìpi irrinunciabili».
La foga di Roberto “bulldog” Marcato, l’assessore alla Sviluppo: «Sia chiaro, non stiamo parlando di proposte ordinarie oggetto di trattativa, chi è leghista nell’animo non può tollerare atteggiamenti nostalgici o simpatie verso il fascismo, totalitarismo funesto del Novecento che, al pari del comunismo, ha causato violenza e dolore. Aggiungo una considerazione: io credo che ciascuno sia libero di pensare ed esprimere ciò che crede, senza censure di sorta, inclusa quella dei social, a condizione che ne assuma la responsabilità. Nel caso di Elena Donazzan, si tratta di una responsabilità assai pesante».

La contestazione “liberal” di Luciano Sandonà, il presidente della commissione Bilancio. «Il 17 febbraio 2017, su mia proposta, l’assemblea ricordò la caduta della Serenissima. L’iniziativa mirava a ribadire la tradizione di tolleranza laica e convivenza multietnica della Repubblica di Venezia. Ebbene, l’assessore Donazzan la contrappose in modo strumentale all’alzabandiera degli alpini prevista in Cima Grappa e disertò la seduta, a riprova di una concezione statalista e autoritaria, l’opposto del diritto pacifico all’autodeterminazione dei popoli che perseguiamo. Faccetta nera? Una canzone razzista che mi dà i brividi, da seppellire insieme all’eredità fascista».
La resa dei conti in consiglio regionale
Dalle parole di fatti. Domani il gruppone di maggioranza discuterà il caso in vista del consiglio di martedì. All’ordine del giorno figura la mozione di biasimo nei confronti dell’assessore avanzata da Pd, Italia che Vogliamo, 5 Stelle, Europa Verde e condivisa da Stefano Valdegamberi (Lista Zaia). L’approvazione del documento richiede la maggioranza assoluta dell’aula mentre l’orientamento leghista - salvo franchi tiratori - è improntato all’astensione. La circostanza eviterebbe contraccolpi diretti all’amministrazione, suonando però come ultimo avviso nei confronti di Elena Donazzan. «Iniziative di questo genere», scandisce Villanova «non saranno più tollerate né scusabili».
Colpisce, nella vicenda, il silenzio gelido di Fratelli d’Italia: aldilà di una nota di circostanza, nel partito è evidente l’irritazione verso una deriva che stride rispetto alla linea “perbenista” di Giorgia Meloni. Molti nemici molto onore, diceva Lui, scalzato a sua volta da una mozione consiliare, quella presentata da Dino Grandi. Era il 25 luglio 1943. La storia magistra vitae, già.
LE TAPPE

Prima puntata
“Faccetta nera, bell’abissina, aspetta e spera.... . ” . E via con convinzione fino “a che l’ora si avvicina...” . E poi un vuoto di memoria, ma non di fede. La vicentina Elena Donazzan, in tasca la tessera politica di Fratelli d’Italia, appuntato al petto da diversi mandati l’incarico di assessora all’istruzione della giunta regionale di Zaia, canta l’inno fascista in diretta con Cruciani, davanti all’indignazione di Parenzo alla “Zanzara”, il programma di Radio 24 in onda dalle 18.30 alle 20. 50.
L’esibizione nella puntata andata in onda l’ 8 gennaio. Il centrosinistra chiede le dimissioni e l'intervento della magistratura per apologia del fascismo. A completare il testo in diretta radiofonica, in soccorso di Donazzan, intervengono i conduttori, la incalza in particolare David Parenzo, sorpreso e, a modo suo, amareggiato da tanta sfrontatezza nell’inneggiare ai valori del duce.
«Me l’ha insegnata zio Costantino quand’ero bimba», continua Donazzan, «In altre case si cantava “Bella, ciao”. In fin dei conti siamo tutti figli e nipoti della stessa Italia». «Con la differenza», puntualizza Parenzo, «che “Faccetta nera” inneggiava alla tirannide, “Bella, ciao” alla libertà. Eppoi lei è assessore all’istruzione».
«Ma via, Parenzo», gli replica Donazzan, «se ritiene che non faccia bene il mio lavoro, chieda che mi rimuovano». Non indietreggia l’assessora nel difendere il suo credo politico. E non è la prima volta in radio con Parenzo, Cruciani e Alberto Gottardo.
«Zio Costantino era un militare fascista, fedele, un uomo meraviglioso. Lo amo. Quando, pressata da quello che mi insegnavano a scuola, gli chiesi perché aveva scelto il fascismo. Mi ha risposto: “Putea, se giura na volta soea’”». E traduce per il popolo italiano in ascolto: «Bambina, si giura una volta sola». Fedele fino alla morte. Parenzo si scalda: «È per quelli come suo zio che la mia famiglia è dovuta fuggire dall’Italia».
Cruciani riparte con “Faccetta nera”. Parenzo contesta le leggi razziali, l’assessora gli dà ragione: «Sì, aberrante, un errore storico». L’unico, «perché» “rimedia” subito, «Mussolini ha fatto cose buone».
L'episodio è segnalato dal coordinamento di «Il Veneto che vogliamo», lista civica che ha appoggiato il candidato presidente Arturo Lorenzoni alle ultime regionali. «Questo clima di intollerabile revisionismo - sottolinea una nota - che ha ormai sdoganato il fascismo manifesto di una figura istituzionale è il simbolo di una regressione culturale e civile». Dal canto suo il segretario regionale di Articolo Uno, Gabriele Scaramuzza, ricordando le parole del presidente della Regione Luca Zaia in occasione del 25 aprile 2020, sottolinea che «o il presidente Zaia crede sinceramente in quello che ha scritto, e quindi tocca a lui rimuovere dal suo incarico l'assessore Donazzan, oppure avalla il suo assessore, dimostrando di non essere persona che crede nelle proprie parole».
Le scuse. E alla fine arriva la replica dell’assessora Donazzan: «La libertà non si predica, si difende – afferma – la libertà di pensiero deve sempre essere legata alla libertà delle persone, e mai scadere in offesa o violenza». «Sono dispiaciuta - conclude l’assessora nel comunicato diffuso ieri sera - più dai toni che dai contenuti».
Le reazioni a raffica
Il commento più autorevole e indignato arriva dalla Comunità Ebraica di Venezia e ora si tratta di capire cosa dirà e farà Zaia il 27 gennaio, Giornata della Memoria per non dimenticare l’olocausto. L’assessora all’Istruzione da ieri non compare più sui social, il suo profilo è stato cancellato su Facebook, Twitter e Instagram: «Mi hanno uccisa. Si chiama pulizia etnica del pensiero» dice lei senza scomodare Donald Trump cui è stata inflitta pena analoga da Mark Zuckerberg dopo il fallito golpe dei suprematisti bianchi a Capitol Hill. Le opposizioni all’attacco Le opposizioni in consiglio regionale (Pd, Lorenzoni, Veneto che vogliamo, M5s) ne chiedono le dimissioni e nel tg web Luca Zaia ha invitato la Donazzan a presentare le scuse.
«Faccetta nera riprende purtroppo un periodo buio della nostra storia ed è comprensibile che molte persone abbiano trovato che si urtasse la loro sensibilità. Penso siano doverose le scuse» ha detto il presidente, che però non ha usato il pugno di ferro. Nemmeno una lettera formale di richiamo è partita da palazzo Balbi, dicono i leghisti. Eppure ad agosto quando scoppiò lo scandalo dei rimborsi ai commercialisti in cerca di carità con i 600 euro Covid elargiti dall’Inps, nel giro di 48 ore Zaia depennò il suo vice Forcolin, Barbisan e Montagnoli, due bandiere della Lega. Scelta di grande coraggio. Con la Donazzan solo un invito a presentare le scuse (rese note nel pomeriggio), eppure l’assessora al Lavoro più che Fratelli d’Italia rappresenta se stessa.
Chi è. Cresciuta nel MSI di Almirante, ha seguito Fini in An per poi passare in Forza Italia fino a litigare con Brunetta e tornare dalle Meloni per fare la guerra a Berlato, padre-padrone in Veneto con poltrona d’oro fissa a Bruxelles.
La sciamana nera. Dall’europarlamento si fa sentire anche Alessandra Moretti, avversaria fin dal liceo della Donazzan: «Prima di vederla entrare in consiglio regionale vestita di pelli e con le corna di bufalo, preghiamo il presidente Zaia a ritirarle ogni delega. La sciamana nera, al secolo Elena Donazzan, nega la più elementare verità storica e si esibisce, orgogliosa, in diretta radiofonica cantando senza vergogna, Faccetta Nera. Profumatamente pagata con i soldi dei contribuenti la sciamana negazionista gestisce tutti i fondi della formazione impiegati dal Veneto ed erogati dall’Europa. Il presidente Zaia o le ritira le deleghe oppure condivide la posizione fascista della sua assessora», dice l’eurodeputata Pd Moretti.
A Palazzo Ferro Fini i dem hanno presentato un’interrogazione cui seguirà una mozione si sfiducia e altre richieste di dimissioni arrivano dalla deputata grillina Orietta Vanin, mentre la senatrice Daniela Sbrollini (Iv) punta il dito sull’«ignoranza della Donazzan che rivaluta il ventennio fascista».
La comunità ebraica. Al di là della querelle politica, valga come monito il commento di Noemi Disegni, presidente Ucei, e di Paolo Gnignati, leader della Comunità Ebraica di Venezia, che esprimono la loro «viva costernazione per il comportamento dell’assessore Donazzan - componente della Giunta regionale del Veneto - la quale, in una trasmissione radiofonica a diffusione nazionale, ha intonato e commentato allegramente ai microfoni alcune note di "Faccetta nera", canzone ben nota che riecheggia un triste e ignobile passato. Queste note facevano rabbrividire per la leggerezza e piacevolezza con cui sono state condivise. Chi siede nelle istituzioni deve avere consapevolezza del valore dei propri gesti e non può, neppure nel contesto di una trasmissione satirica, lasciarsi andare a comportamenti che appaiono chiaramente elogiativi della dittatura fascista. Un episodio grave, che giunge da un esponente di un governo regionale e con il suo operato offusca pesantemente il prestigio di un’istituzione come la Regione Veneto». Non è finita. Prestigio offuscato «Per essere consapevolmente e responsabilmente partecipi del Giorno della Memoria, che tra due settimane una intera Italia si appresterà a celebrare con le sue massime istituzioni, è evidentemente necessaria una formale condanna dell’accaduto, per non dare spazio a chi nelle istituzioni, in un qualsiasi giorno e in un qualsiasi spazio delle nostre vite quotidiane, pone in essere comportamenti che concretamente negano ed offendono il significato di tale giornata».
Cambio? L’uscita dell’assessore regionale all’Istruzione che canta “Faccetta nera” imbarazza tutto il partito e vanifica il lavoro della Meloni, da poco presidente dei conservatori europei, racconta un deputato. Anzi, l’episodio rafforza ancora di più l’idea che FdI in giunta regionale debba essere rappresentato da Elisabetta Gardini o Raffaele Speranzon: questi sono i nomi che a settembre la Meloni aveva indicato a Zaia che invece ha riconfermato Elena Donazzan.
Un appello a girare pagina arriva dall’Istituto di storia della Resistenza di Venezia: «Mentre ci apprestiamo a celebrare il Giorno della Memoria, l’uscita pubblica dell’assessore Donazzan ci ricorda tutto il lavoro che rimane da fare per insegnare la storia di violenza, soprusi e intolleranza che il fascismo è stato e di cui la persecuzione degli ebrei non è stato che l’ultimo e tragico atto. Nel condannare il fatto che una figura istituzionale possa esprimersi in quei termini, ribadiamo il nostro impegno per la ricerca e lo studio della storia del fascismo e del ruolo della resistenza per la fondazione di un’Italia democratica, i cui valori sono sanciti nella nostra Carta costituzionale», si legge nel documento firmato da Iveser, Isbrec, Istresco, Istrevi, IVrR, Centro Luccini.
E adesso? C’è anche la firma del leghista cimbro “filo-russo” Stefano Valdegamberi nella mozione di “censura” contro l’assessore Elena Donazzan depositata ieri a palazzo Ferro Fini da Arturo Lorenzoni. Lo speaker dell’opposizione ha condiviso il testo con i sei consiglieri Pd, con Elena Ostanel (Veneto che vogliamo), Erika Baldin (M5s) e Cristina Guarda (Europa verde) cui si è aggiunta la firma decisiva di Valdegamberi, eletto nella lista Zaia a Verona e poi emigrato nel Misto con Barbisan e l’ex vicesindaco di Padova. Il regolamento impone che le mozioni di riserva o di sfiducia siano presentate da almeno 11 consiglieri. Senza la firma di Valdegamberi il caso dell’assessore Donazzan, che alla “Zanzara” di Radio 24 ha cantato con orgoglio “Faccetta Nera” e disprezzato “Bella Ciao” non sarebbe mai approdato in aula.
Benito Mussolini: «E’ stato un grande statista, l’ha detto Churchill, quindi io non faccio che inchinarmi. Pure Ghandi disse qualcosa di molto positivo su Mussolini», aggiungendo poi: «Trovo assurdo dirsi fascista oggi. Poi qualche errore il Duce lo ha commesso, le leggi razziali su tutto. Ma resta nel mio cuore»
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