La sfida di Dini per i teatri dello Stabile del Veneto: «Tre cartelloni per tutti i gusti»
Il direttore artistico: «Grandi nomi e una proposta diversa per ogni città» L’amarezza: «Imprenditori distratti». La gioia: «I giovani hanno grande talento»

Al giro di boa di metà del suo mandato da direttore artistico, Filippo Dini sente che è già tempo di fare un bilancio. Così, tra una prova e l’altra del “Gabbiano” di Cechov, che aprirà la stagione al Verdi di Padova, il regista e attore genovese si concede una pausa di riflessione.
«Qui allo Stabile sto bene», attacca, «sono circondato da persone umane ed è una cosa rara. Mi mettono a disposizione la loro esperienza, c’è una bella idea di lavoro collettivo. E poi lo Stabile è una realtà unica: tre città, tre comunità. Essere il teatro del Veneto, espressione di una regione intera, è una grande opportunità».
Che però, a sentire il presidente Beltotto, non è stata colta da tutti. È così?
«Qui c’è un’imprenditoria modello, c’è un tessuto economico virtuoso. Ed è bizzarro che queste persone non colgano la ricchezza del teatro. Oggi siamo tutti giustamente grati a Enrico degli Scrovegni che scelse di chiamare il più grande artista del tempo ad affrescare la sua cappella anziché dare una mano di bianco. Quella scelta ha prodotto bellezza e ricchezza, ne guadagniamo tutti. Ecco, chi è ricco deve restituire al futuro e alla bellezza, altrimenti il suo non è amore per il territorio, è solo sfruttamento, è prendere benefici senza dare niente. Io sono d’accordo con il presidente Beltotto e provo imbarazzo per questa situazione».
Torniamo al teatro delle tre città: che difficoltà ci sono a gestire di fatto tre stagioni?
«Sono tre comunità molto diverse, bisogna immaginare la stagione giusta per ciascuna. Qui sta la sfida. Ci sono - è facile intuirlo - tensioni, rivendicazioni, lamentele. A momenti riemergono lotte antiche. Ma noi rispondiamo con tre cartelloni su misura. E io che sono attore e che sui palchi respiro il sentimento delle comunità e capisco il pubblico, credo di essere capace di sentire che persone ho davanti».
E allora apriamo il sipario su questa stagione. Cosa ci aspetta?
«C’è di che essere orgogliosi. Sarà una stagione ricca e molto varia. Spaziamo da Paolini a Fresu, da Gabriele Lavia ad Anna Ferzetti diretta da Favino. Avremo Luca Montanari e Luca Bizzarri, ritornerà Barbareschi, Ambra Angiolini porterà in scena un testo bellissimo con Ivana Monti. E ancora, ci saranno due testi di Eduardo De Filippo: “Non ti pago” con Ficarra e Carolina Rosi e “Sabato,domenica e lunedì” con Teresa Saponangelo. Paola Minaccioni porterà le “Dis-avventure di Kim Sparrow”. Avremo anche Pennacchi, Silvio Orlando, Luca Marinelli con un testo di Calvino, i Familie Floz, Francesco Montanari, Peppino Mazzotta e forse sto dimenticando qualcuno, ma sono davvero tanti. Sono grandi attrici e attori, progetti di alto teatro popolare per tutti i gusti».
E poi c’è la dimensione internazionale...
«Ed è la mia grande soddisfazione, il rapporto che stiamo costruendo con teatri non italiani, portando lo Stabile in Europa - e viceversa. “Mirandolina”, che proponiamo quest’anno, è una produzione nata da una collaborazione vera e da uno scambio economico, culturale e organizzativo con il Teatro Nazionale di Dublino, al quale abbiamo offerto la nostra punta di diamante, Goldoni, perché lo rivisitasse. L’ha preso in mano la più grande scrittrice di teatro che c’è oggi in Europa, Marina Carr, famosa in tutto il mondo, un po’ meno da noi dove la riscrittura di grandi classici è meno frequente. Così, anziché fare noi la solita messa in scena della “Locandiera” di Goldoni, lei l’ha riscritta, con gli stessi personaggi che però diventano più neri, sinistri, sembrano usciti dalle nostre cronache. E non fa più ridere, parla di oggi, della donna, di questi tempi. Carr si è innamorata di Mirandolina e ha scritto un testo bellissimo. I nostri due teatri fanno una coproduzione vera, la regìa e le maestranze sono di Dublino, la regista McLaughin pure, ma la compagnia è italiana, direi quasi tutta veneta più alcuni attori usciti dall’Accademia Goldoni. È una straordinaria occasione di arricchimento».
Ecco, parliamo di giovani perché anche questa è una sfida che state affrontando.
«L’apertura ai giovani artisti è il più grande regalo che ho avuto da questa esperienza di direzione artistica. Sto scoprendo una incredibile quantità di giovani talenti. Questi ragazzi sono migliori di come eravamo io e i miei coetanei alla loro età. Sono nati in un’epoca senza maestri e con una percezione forte della fine che incombe, per la questione climatica, per le guerre. Hanno consapevolezza, sono sensibili e lo raccontano. Ecco perché vogliamo dare loro lo spazio che meritano: alle Maddalene faremo una stagione di spettacoli di compagnie giovani, speriamo che il pubblico le apprezzi e ci auguriamo che in futuro possa unirsi a quella del Verdi».
E per Venezia avete pensato a qualcosa di particolare?
«Venezia è un mistero, una città complessa, difficile da capire. Il pubblico turistico è distratto, quello dei veneziani veri invece è molto competente, non si accontenta facilmente - lo dimostrano le oscillazione delle presenze in sala - e cerchiamo di dargli qualcosa di buono. Titizé è stato un bell’investimento, una produzione raffinata e bellissima, accessibile a tutti, che andrà ancora avanti. Ma ci sarà un cartellone all’altezza delle aspettative in tutte e tre le città, ne sono certo». —
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova









