Beltotto, presidente dello Stabile del Veneto: «Il nostro teatro non è solo teatro»

Lo Stabile, riconfermato Teatro Nazionale, batte tutti i record, ma il presidente apre la riflessione: «È il momento giusto per guardare avanti e decidere cosa vogliamo essere in futuro»

Cristiano Cadoni
Il presidente Giampiero Beltotto
Il presidente Giampiero Beltotto

Nell’ultimo triennio il pubblico degli spettacoli del Teatro Stabile del Veneto – 175 mila persone nell’ultima stagione – è cresciuto del 56 per cento. Le alzate di sipario sono aumentate del 21 per cento, 553 giornate di spettacolo (256 a Padova, 156 a Treviso e 141 a Venezia) alle quali si sono aggiunte 106 proposte fuori regione. Gli abbonati, i fedelissimi del teatro, sono cresciuti del 10 per cento circa avvicinandosi a quota 5.800. Così è aumentato anche (del 19 per cento) il numero di artisti e tecnici “arruolati” e il numero di contratti (+38 per cento), che viaggiano al ritmo di due al giorno.

Pubblico a teatro. Lo Stabile del Veneto batte tutti i record
Pubblico a teatro. Lo Stabile del Veneto batte tutti i record

Di più: lo Stabile, riconfermato Teatro Nazionale (con un quarto posto assoluto fra i Teatri Nazionali per la qualità della sua programmazione) ha anche preso un punteggio di 29 su 35 in categorie come il prestigio delle compagnie e la qualità artistica degli spettacoli ospitati, le azioni di ricerca, educazione, fidelizzazione e sviluppo dei pubblici esistenti e potenziali, la continuità e l’affidabilità gestionale e la partecipazione a reti nazionali e internazionali anche con progetti europei.

Seduto davanti a questi numeri il presidente della Fondazione Teatro Stabile del Veneto, Giampiero Beltotto, potrebbe godersi la vista e rilassarsi: la stagione 25-26 che comincia in questi giorni è quanto di più simile a ciò che aveva sempre immaginato: un cartellone su misura per ogni città, produzioni internazionali, altre dedicate ai giovani, sperimentazione e novità organizzative (il nido in teatro al Verdi, per fare un esempio).

Il teatro può essere solo teatro?

E invece lui, dopo aver rimesso a disposizione il suo mandato – con l’impegno ad andare avanti fino a giugno – chiedendo più sostegno, ai soci ma anche al tessuto economico del Veneto, ora mette sul tavolo una domanda ancora più grande: «Il teatro può essere soltanto teatro?». E no, non è una provocazione fine a se stessa, non è un gioco di parole.

«Oggi facciamo il miglior teatro possibile con le risorse a disposizione», argomenta il presidente. «Ma proprio per questo io faccio domande e chiedo chiarezza: è il momento giusto per guardare avanti e decidere cosa vogliamo essere in futuro. E per farlo, bisogna che chi deve decidere (i soci, sottinteso) sia libero da ogni laccio. Io ho rimesso il mio mandato perché è ora di fare queste scelte, di impostare un lavoro che punti a nuovi traguardi, che consenta di trovare persone che abbiano voglia di mettersi in gioco. Sarebbe sbagliato sedersi sulla gloria di questi numeri. È il momento di decidere cosa vogliamo essere».

La sfida di Dini per i teatri dello Stabile del Veneto: «Tre cartelloni per tutti i gusti»
Filippo Dini, direttore artistico del Teatro Stabile del Veneto

Un incrocio di linguaggi

Prende l’esempio di Firenze, Beltotto. «Lì c’è un teatro molto amato. Comprano le produzioni, fanno una stagione bellissima. Facessimo come loro, cioè un ottimo teatro cittadino, perderemmo i fondi del ministero e quelli regionali, ma sarebbe assolutamente lecito».

Si intuisce però che per il livello raggiunto dallo Stabile sarebbe un ripiegamento. «Il teatro che non è solo teatro e al quale penso io è un luogo in cui si propongono linguaggi anche a quei segmenti della società che oggi non intercettiamo», spiega il presidente. «Penso ai giovani, a chi ha qualcosa da dire sul digitale, ai nuovi italiani, tre “categorie” che oggi non troviamo in sala. Presto avremo Cacciari, Curi e Buttafuoco: possiamo pensare di dotarci di strumenti digitali che ci consentano di amplificare i loro pensieri e le loro presenze?».

È un’idea di teatro potenziato tutta da sviluppare. E non è l’unica. «In una regione come la nostra che vive un inverno demografico, vogliamo pensare a spazi e servizi per gli anziani? E per le giovani coppie che non riescono a venire la sera in teatro cosa proponiamo? Sperimenteremo un servizio-nido al Verdi, ma oggi dobbiamo dotarci di un progetto che abbia testa, corpo e coda e che non duri solo qualche mese. Ecco perché nella proposta che ho portato al Cda c’è un capitolo intitolato proprio così: il teatro può essere solo teatro?».

Il Veneto all’expo 2027 di Belgrado

Beltotto guarda avanti, ben al di là della stagione che comincia sotto ottimi auspici. «Penso all’expo 2027 a Belgrado: vogliamo essere noi a rappresentare il Veneto? E cosa portiamo? Due anni volano. Ma il tempo c’è ed è ancora sufficiente», ammonisce Beltotto.

«In otto mesi si costruisce una casa. L’importante è decidere, in un senso o nell’altro. Fare un teatro cittadino non è un peccato mortale, ci mancherebbe. Ma se vogliamo di più, se ci interessa proseguire questo percorso di crescita, allora dobbiamo fermarci ora e dirci che non ci accontentiamo di aver preso buoni voti una volta. Ma che vogliamo prenderne anche di migliori». —

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