Grenfell Tower, la tragedia su Netflix: «Decisivi avidità e sottovalutazione»

Ricostruito l’incendio che portò alla morte di 72 persone tra cui anche i veneti Gloria Trevisan e Marco Gottardi. Il papà del giovane: «Non è stato facile vedere quelle scene, ma per evitare l’oblio servono anche immagini pesanti»

Enrico Ferro
Il docufilm su Netflix
Il docufilm su Netflix

Del tragico incendio alla Grenfell Tower di Londra si è letto e visto molto in questi otto anni. Ma il senso di insieme di un dramma contemporaneo, consumato in una delle capitali della finanza mondiale, quello ancora nessuno era riuscito a renderlo. Ce l’ha fatta la regista britannica Olaide Sadiq, con il docufilm disponibile su Netflix dal titolo “Il disastro di Grenfell” (titolo originale “Grenfell: Uncovered”).

Ed è davvero un pugno sullo stomaco questo racconto da dentro, con le testimonianze dei sopravvissuti, di chi ha perso figli, genitori, fratelli.

È un duro colpo scoprire come l’incendio sia la conseguenza di scelte sbagliate. Avidità, gentrificazione, capitalismo, sottovalutzione. La metropoli che divora vite. Ed è drammatico rendersi conto, grazie al racconto delle fonti intervistate, di come fosse tutto evitabile. Ci furono invece 72 morti quel maledetto 14 giugno 2017.

Tra questi c’erano anche due veneti all’alba della vita: Gloria Trevisan e Marco Gottardi. «Non è stato facile per noi vedere quelle scene, ma per evitare l’oblio servono anche immagini pesanti come queste», dice Giannino Gottardi, papà di Marco.

Il docufilm, disponibile on demand dal 20 giugno scorso, è scandito dal racconto dei protagonisti. C’è chi ha avuto la vita salva ma piange un lutto, ci sono i vigili del fuoco intervenuti quella notte che non hanno mai superato il trauma, c’è il giornalista Peter Apps che tanto si è speso per l’inchiesta giornalistica. E tutti contribuiscono, ognuno per la propria parte, a ricostruire la tragedia nel suo complesso. A partire dal concetto di «Stay put», concepito nei protocolli di primo soccorso e messo in pratica quella notte. Dalla centrale operativa i pompieri dissero a tutti di rimanere fermi nei loro alloggi, quando il fuoco partito da un frigo al quarto piano iniziò a propagarsi e a salire rapidamente.

Le telefonate al 999, il pronto intervento, fanno venire i brividi. C’è un marito che chiede disperatamente aiuto per la propria moglie incinta e c’è una giovane che fa altrettanto per la sua bambina di due anni. «Stay put», ripetono gli operatori di centrale, facendo intendere che a breve qualcuno andrà a salvarli.

Ma la tragedia della Grenfell Tower, nel quartiere di Kensington, nasce molto prima del 14 giugno 2017. Nasce nel momento in cui decidono di ammodernare la facciata, perché quel grattacielo in degrado infastidiva i ricchi della zona. Va ricordato che quel palazzo era una council house, sostanzialmente alloggi di edilizia popolare. Dalle carte dell’inchiesta emerge come Tmo, l’ente che ne doveva curare la ristrutturazione, abbia fatto i lavori con un’unica stella polare: il risparmio nei costi.

I pannelli isolanti esterni dovevano essere in zinco, invece alla fine sono stati scelti quelli in alluminio con il nucleo in polietilene prodotti da Arconic. Questi pannelli, noti come Reynobond PE, sono stati identificati come un fattore decisivo nella rapida diffusione dell’incendio, contribuendo a creare il famoso effetto sigaretta in tutto il grattacielo.

Dal docufilm emerge come mettere i pannelli in zinco sarebbe costato 2 sterline in più per metro quadrato, 5 mila sterline in tutto. Con 5 mila sterline si sarebbero evitati probabilmente 72 morti.

Fa male scoprire come furono ignorati precedenti simili, in grattacieli costruiti con lo stesso materiale: a Bucarest nel 2009, a Pechino nel 2010, a Lille nel 2012, a Melbourne nel 2014. Solo dopo la tragedia della Grenfell Tower Arconic ha interrotto la vendita.

Nel rapporto istruito dopo anni di accertamenti viene descritta nei dettagli la Grenfell Tower, costruita nel 1974 e ristrutturata nel 2016.

L’incendio ebbe origine dal guasto elettrico di un frigorifero di grandi dimensioni, nella cucina dell’appartamento 16, al quarto piano. Il fuoco è penetrato nel rivestimento dopo che il calore ha deformato lo stipite in Pvc, di fatto creando un’apertura tra i pannelli di isolamento e di rivestimento. Quando i vigili del fuoco sono entrati nell’appartamento - all’1.14 - il fuoco era già penetrato nel rivestimento. Si è poi diffuso rapidamente sulla facciata est, e successivamente intorno alla parte superiore del grattacielo, infine verso il basso. In tre ore la Grenfell Tower era una torcia.

«Il motivo principale per cui le fiamme si sono diffuse così rapidamente è da individuare nei pannelli anti pioggia in materiale composito di alluminio con anima in polietilene, che hanno agito come combustibile», rileva l’indagine. Il rapporto assicura che fino all’1.50 la quantità di fumo era ridotta, tanto da consentire a 168 persone di uscire dalla torre. Mezz’ora dopo, alle 2.20, il fumo sulle scale costituiva invece un rischio per la vita.

«Ma le scale non erano una barriera assolutamente insormontabile», si sottolinea nel rapporto. Tuttavia, a Marco e Gloria, come a tanti altri, fu detto di rimanere immobili nei loro alloggi. L’epilogo di quella notte, con le telefonate e i messaggi audio che i due giovani architetti freschi di laurea inviarono ai genitori, è tristemente noto.

«Viviamo in un mondo che tende a dimenticare, perché ci sono sempre altri fatti che calamitano l’attenzione collettiva», ragiona Gottardi, che per la verità ammette di non aver visto tutto il docufilm su Netflix. Chissà quante volte lui e la moglie, così come i genitori di Gloria, avranno immaginato quei momenti. Ora quel dramma è stato ricostruito in modo dannatamente efficace. Non è stato facile per loro restare lì a guardare. «È la verità, nuda e cruda, con tutto il carico di dolore che si porta appresso.

Ora i Gottardi e i Trevisan attendono l’esito del processo, che in realtà non è ancora iniziato. «Serviranno minimo altri due anni», scommette il padre di Marco. «Ci sono prove inconfutabili delle responsabilità di quella tragedia ma la controparte ha risorse illimitate: parliamo di multinazionali americane che hanno messo a budget cifre mostruose per la difesa. Non per uscire indenni ma per diminuire al massimo la loro colpa. Io penso servano etica e rispetto della vita umana, non solo senso del guadagno». —

 

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