I maghi dei sondaggi e il duello Zaia-Moretti

VENEZIA. A due mesi dal voto e con geometrie politiche in costante mutamento, la contesa elettorale per la poltrona di governatore del Veneto appare quantomai aperta, se non addirittura un testa a testa tra Zaia e Moretti. O almeno così assicuravano l’altra sera i sondaggisti - Tecnè e Ipr Matketing - reclutati da Rai Uno per scandagliare l’intenzione di voto dei veneti e scaldare il dibattito di Porta a Porta. Rilevamenti cui il presidente uscente, Luca Zaia, ha immediatamente contrapposto quello realizzato da Swg per la Lega Nord che lo dà in vantaggio.
La forza del presidente e del Pd
In un turbinio di variabili si delinea tuttavia qualche certezza: ad esempio, il ruolo di trascinatore che Luca Zaia ha rispetto a una coalizione un po’ acciaccata, dopo la cacciata di Tosi dal Carroccio e il malpancismo dei fittiani in una Forza Italia già spompata. Ruolo di spinta che sul fronte opposto, spetta al Partito Democratico di Renzi.
«La lista del presidente Zaia è piuttosto forte, attorno al 15%, ma dobbiamo tenere conto che oggi Tosi intercetta un terzo dei voti dei leghisti» spiega Antonio Noto di Ipr Marketing, il cui sondaggio vede uno scarto di due punti tra i due principali contendenti, con il governatore uscente al 39% e l’esponente del Pd al 37 «diversamente, nel centrosinistra, il Pd è più forte delle Regionali 2010, a noi risulta sul 28%, con la civica della Moretti al 6. Con il resto della coalizione si arriva la 37, forse anche 38». A confermare la teoria della partita aperta anche Tecnè che, nel sondaggio gemello realizzato sempre per Porta a Porta, dà la coalizione della Moretti staccata di mezzo punto da quella di Zaia. Pur tutti insieme, gli alleati di centrosinistra varrebbero quanto il Pd nazionale: secondo le intenzioni di voto alle politiche registrate da Tecnè, i democratici pesano il 37,5%, ovvero quanto registrato in Veneto nel boom renziano alle Europee 2014.
Effetto Tosi
Di percezione opposta invece Swg che, nel sondaggio commissionato dalla Lega, vede annullato l’effetto premier condannando Alessandra Moretti a un risultato addirittura al di sotto di quello ottenuto della coalizione guidata dalla meteora Bortolussi nell’anno della Lega schiacciasassi: oggi sarebbe al 28% rispetto al 29,3 del 2010.
«Il mercato elettorale veneto è per il 60% di centrodestra - sostiene Enzo Risso, Swg - con il restante 40 che si divide tra centrosinistra e Movimento 5 Stelle e, fermo restando un 10% al candidato grillino, è difficile che la Moretti vada oltre il 30. In questo scenario, la vera novità sarà l’effetto Tosi, il cui elettorato ci risulta tuttavia pescare anche dal centrosinistra. Un po’ come succede per la lista Zaia, che drena voti in maniera trasversale, mentre il bacino di espansione della Moretti risulta limitato all’elettorato di centrosinistra». Certo, «può essere che la vicenda Tosi abbia spostato leggermente l’asse verso la Moretti, ma resta il fatto che mancano due mesi alle urne, un tempo molto lungo».
Non ultimo, Risso invita a considerare le formazioni indipendentiste, a partire da Morosin, che complessivamente spostano il 5%. «Senza la scissione nella Lega non ci sarebbe stata partita» conferma Michela Morizzo di Tecnè «Tosi recupera voti da entrambe le parti, Zaia drena di più dal centrosinistra e Moretti dal M5S. Quest’ultimo si è dimostrato un “tunnel di passaggio” attraversato quando l’elettore non trova il suo partito, una condizione di stand by che, quando si rimette in movimento, può spostare l’ago della bilancia». In questa girandola di sondaggi, l’affondo di Tosi secondo cui emerge che «la decisione di cacciarlo era stata presa ben prima del 10 marzo, prova ne sia che il 3 il partito aveva già dato mandato all’Swg di calcolare il peso di una eventuale “lista Tosi”».
Missione voto
Una volta definita la geografia delle alleanze, in particolar modo nella galassia di centro, l’obiettivo trasversale sarà portare l’elettorato alle urne: «Ora sono ancora sufficienti piccole variabili per creare incertezza» sostiene Morizzo , «oggi ci risulta che la percentuale tra indecisi e potenziali astenuti si aggiri, complessivamente, attorno al 53,5%. Un “partito” cui tutti, nelle prossime settimane, daranno l’assalto e che può fare davvero la differenza».
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