Il padre di Chiari assassino fascista
VERONA
All'indomani della conclusione della fiction di Rai1 “Walter Chiari - Fino all'ultima risata”, scoppia la polemica tra due tra le persone che sono state più vicine al grande attore e showman scomparso 20 anni fa: Tatti Sanguineti, amico intimo di Walter e autore dell'autobiografia “Storia di un altro italiano”, realizzata con lo stesso Chiari per la Rai, e il figlio dell'attore, Simone Annichiarico. A scatenarla è un drammatico episodio rivelato da Sanguineti: «Nel dicembre 1926 nei sotterranei della questura di Verona, il brigadiere di Pubblica Sicurezza Carmelo Annichiarico (padre dell'attore) percosse a morte con un nerbo di bue, assieme a un tal commissario Palazzi, due antifascisti veronesi, i fratelli Panzieri, sottoponendoli ad un interrogatorio. Questo segnò tutta la vita di Walter», dice Sanguineti.
Pronta la replica di Simone: «Su mio padre è stato scritto e detto di tutto e di più. Ma questa ricostruzione è fantascienza allo stato puro».
Secondo Sanguineti, che da due anni sta lavorando a una monumentale biografia di Chiari, fu anche per questo evento che «nel 1933 la famiglia fu trasferita dal Ministero degli Interni da Verona a Milano. E Walter, il terzogenito, un discolo di 9 anni, rimase per un po’ a Verona in un istituto correzionale. Il delitto rimase impunito, ma sconvolse la vita della famiglia e del brigadiere timoroso di vendette. Walter aspirò sempre a riscattarsi e fabbricarsi padri più nobili. Non si può capire nulla di lui se non si parte dalle botte prese da suo padre con il cinturone della divisa».
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova