Indagato l’amico di Silvia

Per Giorgio Ortis atto dovuto. Ieri è tornato sul luogo del delitto. Non si trova il coltello
Di Anna Rosso

UDINE. Giorgio Ortis è indagato, al momento l’unico, per l’omicidio dell’amica e collega Silvia Gobbato, 28 anni, originaria di San Michele al Tagliamento e praticante legale nello studio dei suoi genitori, Gianni Ortis e Maria Biancareddu. «L’iscrizione nel registro degli indagati in questo caso è un atto dovuto - conferma il suo avvocato l’udinese Rosi Toffano -, un atto compiuto dagli inquirenti non perchè Ortis sia sospettato in alcun modo (il suo racconto è stato ritenuto lineare e senza contraddizioni), ma proprio a sua tutela, in modo da assicurargli diritti e garanzie difensive».

Il procuratore. In sostanza, come ha sottolineato il procuratore Antonio Biancardi: «Al momento non ci sono indizi tali da portare all’incriminazione di nessuno. Non c’è alcun indagato in senso stretto. E dunque non è assolutamente il caso di puntare il dito su nessuno. Anzi, siamo ancora in alto mare. Ci sono molte tracce da verificare, sia sul posto sia in altri luoghi che abbiamo controllato. Una cosa è certa: in relazione a questo grave fatto non lasceremo nulla di intentato. Chi ha agito è un vigliacco che non merita alcuna attenuante».

Il sopralluogo. È quasi svenuto, martedì poco prima delle 14, quando ha visto il corpo della sua compagna di corsa straziato e insanguinato. E ieri Giorgio Ortis, 28 anni, ha dovuto rivivere quell’incubo perché, insieme ad altri testimoni, è tornato all’ippovia per aiutare i carabinieri del Nucleo investigativo nell’attività d’indagine. «Ci siamo messi a completa disposizione dell’Autorità giudiziaria - ha precisato ancora l’avvocato Toffano - e abbiamo provveduto a consegnare le scarpe e la tenuta sportiva. Giorgio Ortis, seppure sconvolto e ancora in stato di choc dopo aver visto la sua amica in un lago di sangue, ha voluto fornire agli investigatori tutto il supporto possibile».

La prima ricostruzione. Ortis, che verso le 13 di martedì si era recato con Silvia all’ippovia per fare una corsa, ha raccontato così i suoi ultimi minuti in compagnia dell’amica. «All’inizio hanno fatto alcuni esercizi di stretching - riferisce l’avvocato Toffano -, poi entrambi hanno iniziato a correre e si sono dati appuntamento 40 minuti più tardi alla panchina vicino a dove avevano parcheggiato, proprio dove inizia la stradina. Giorgio ha corso fino all’incrocio con l’Osovana. Si è fermato alcuni istanti a prendere fiato e poi è tornato indietro. Poco dopo ha incontrato Silvia che stava correndo lungo il percorso, l’ha sorpassata salutata ribadendo l’appuntamento a breve. Successivamente lui è tornato all’inizio della stradina, si è seduto sulla panchina e ha aspettato un po’. E, visto che l’amica tardava, ha deciso di andarle incontro. Ed è stato allora che ha incontrato l’uomo che gli ha dato la terribile notizia».

La scena del delitto. «C’è un cadavere» ha detto lo sconosciuto. Poi Giorgio ha fatto ancora pochi passi e si è trovato di fronte al corpo straziato e ormai senza vita dell’amica. Sul posto sono quindi sopraggiunti i soccorritori del 118, insieme ai carabinieri, alla polizia, al medico legale, al magistrato. Silvia era stesa a terra, supina. I segni sul terreno e gli abiti leggermente spostati rivelano, secondo i carabinieri, che è stata trascinata in quel punto dopo essere stata colpita con un’inaudita violenza.

Il cane “molecolare”. I militari, coordinati dal sostituto procuratore Marco Panzeri, si sono concentrati sulla ricostruzione di movimenti e percorsi, anche con l’aiuto di un cane speciale (conosciuto anche come cane “molecolare”) in grado di seguire le tracce lasciate dai podisti dopo aver fiutato i loro vestiti. L’animale, dopo aver annusato gli abiti dell’amico della vittima e dell’uomo che per primo ha avvistato il cadavere - un quarantatreenne di Udine - ne ha “ridisegnato” gli spostamenti, aiutando così i carabinieri alla ricerca di indizi e riscontri. L’area è stata a lungo sorvolata da un elicottero dell’Arma partito da Treviso. Il personale a bordo ha effettuato filmati e scattato fotografie. Tutto materiale ad alta definizione che potrebbe rivelarsi molto importante nell’ambito dell’inchiesta.

Il coltello o i coltelli? E sono durate a lungo anche le ricerche dell’arma del delitto. Si ritiene sia stato usato un coltello a lama larga con cui l’assassino ha inferto oltre dieci fendenti, ma il numero esatto dei colpi si potrà conoscere solo dopo l’autopsia. Il metal-detector ha setacciato per ore prati e cespugli, ma senza risultati. Poichè le ferite appaiono molto diverse tra loro al momento non si esclude che possano essere state utilizzate due differenti lame. Ma si tratta solo di un’ipotesi che finora non ha trovato alcun riscontro. Anche su questo aspetto l’autopsia potrà fornire indicazioni univoche.

Perquisizioni e sigilli alle auto. I rilievi nella strada di “Brisions” sono andati avanti per oltre 24 ore. Dalle 14 circa di martedì, al primo pomeriggio di ieri, quando gli esperti del Ris di Parma, terminata la fase di repertamento, hanno lasciato Udine. I carabinieri dell’Investigativo e della Scientifica - coordinati dal capitano Fabio Pasquariello - hanno effettuato controlli anche nell’appartamento udinese di viale Venezia 51 in cui abitava la vittima, nell’abitazione dell’amico e su tutte le auto della famiglia Ortis che sono state poste sotto sequestro per consentire ulteriori accertamenti. Recuperati pure gli abiti da jogging che finiranno sotto i microscopi.

Testimonianze. Gli inquirenti, come ha riferito il procuratore capo di Udine, «hanno agito con tempestività e in poche ore hanno raccolto la testimonianza di ben 17 persone». Inoltre, ha fornito alcuni elementi anche un giovane, amico di Silvia, che ieri si è presentato in questura.

Sospettato per pochi istanti. E’ stata verificata anche la posizione di uno straniero di Tavagnacco che si era presentato al pronto soccorso con una piccola ferita alla mano. Ma poi è emerso che si era trattato di un infortunio domestico.

Cellulare e Facebook. Sotto la lente degli inquirenti è finito anche lo smartphone trovato a terra, lungo l’ippovia. Il cellulare nero aveva attaccate le cuffiette bianche con cui forse Silvia stava ascoltando musica. Potrebbe anche essere questa circostanza a aver impedito alla ragazza di accorgersi in tempo (per fuggire) della presenza del suo aggressore.

Oggi l’autopsia. Oggi il medico legale Carlo Moreschi effettuerà l’autopsia, un esame dal quale gli inquirenti, riunitisi anche ieri sera in Procura alla presenza del procuratore aggiunto Raffaele Tito, si aspettano molte risposte. Al momento tutte le piste sono ancora aperte: omicidio passionale? l’agguato di un maniaco? L’unica ipotesi che appare inverosimile è quella della rapina, visto che la vittima aveva con sè solo il telefonino.

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