Giovanna Zilio, il volto dell’elisoccorso Leone 1: «Così portiamo aiuto dove nessuno può arrivare»

Dal 2020 referente del Suem 118 di Treviso, racconta missioni, addestramenti e sfide di un servizio che raggiunge pazienti in montagna, nei boschi, sulla neve e persino sulle isole. «Serve una mente elastica, ogni intervento è diverso»

Dal 2020 è la referente del servizio di elisoccorso del Suem 118 di Treviso, Giovanna Zilio è il volto ufficiale di un servizio che, prima ancora dei volti delle persone, è riconosciuto per il colore giallo del suo mezzo.

Elisoccorso Leone 1, 640 missioni in un anno: «Così salviamo vite dove nessun altro può arrivare»

L’elisoccorso di Leone 1 riesce a raggiungere un paziente in un ambiente ostile. Fino a dove può spingersi?
«Può arrivare in tutti quei territori dove non si arriva con la macchina. Quindi tutta la zona boschiva, di alta montagna e di roccia, la zona ghiacciata o coperta di neve e, non ultimo, le isole che sono comunque un territorio disagiato tanto quanto la montagna».
Quali sono i casi in cui non vola?
«Quando le condizioni meteo sono avverse. Sono l’unico nemico dell’elisoccorso. La nebbia e la scarsa visibilità non permettono lo svolgersi della missione e anche questo fa parte della vita».
Come fate ad essere preparati per affrontare gli interventi?
«Ogni sei mesi facciamo degli addestramenti sia col soccorso alpino, sia la compagnia aerea, Avincis. Facciamo movimentazione in ambiente impervio in maniera da essere preparati specialmente su neve e ghiaccio. In estate facciamo una movimentazione su un terreno ripido o roccioso e quest’anno abbiamo provato a farla anche in orario notturno».
Fino a che altezza arrivate?
«Leone 1 arriva tranquillamente a coprire l’altezza delle Dolomiti. Se si fa un recupero in alta montagna e si hanno notizie che la persona non è infortunata in modo grave e non ha necessità assoluta di avere un medico in loco, si scarica il personale e il materiale in una zona più bassa e si sale solo con il soccorso alpino, se invece c’è necessità del medico perché la persona è molto grave, si porta su anche la parte sanitaria. Si fa sempre solo quello che è necessario».
Quale è la caratteristica che accomuna i professionisti del team?
«Oltre a una determinata fisicità, serve essere reattivi. È un lavoro dove lo scenario può cambiare di volta in volta, per cui non bisogna essere rigidi su uno schema, ma avere capacità di adattamento, cioè saper portare il proprio lavoro e le proprie conoscenze in vari tipi di ambiente, in pratica bisogna avere una mente elastica».
Quale è stato l’intervento che ricorda di più?
«Ricordo il caso di una signora che stava camminando in un sentiero nella zona delle prealpi, la donna è ruzzolata giù fermandosi a pochi metri da un precipizio. Era un salto di roccia e quindi noi siamo stati sbarcati, la paziente aveva dei traumi importanti e quindi andava assistita, nel frattempo, però, il meteo è peggiorato e l’elisoccorso non riusciva a venire a prenderci, le squadre stavano arrivando a piedi, intanto in tre l’abbiamo imbarellata in mezzo al bosco estremamente pendente e abbiamo iniziato la terapia sanitaria, poi per fortuna il meteo si è aperto e siamo stati recuperati, è stato molto faticoso dal punto di vista fisico e impegnativo mentalmente. Ogni caso è a sé, quelli con esito positivo sono ovviamente i più belli». —
l.r.

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