La procura di Treviso: a Consoli vanno restituiti tutti i beni

TREVISO. Vincenzo Consoli e la moglie potrebbero presto rientrare in possesso di tutti i beni che erano stati loro sequestrati dalla Guardia di Finanza.
E la richiesta di togliere i sigilli allo splendido Palazzo Anti Veronese nel cuore di Vicenza, del valore di oltre due milioni di euro, a quadri e mobili pregiati, a conti correnti e titoli azionari non arriva dai difensori dell’ex amministratore delegato di Veneto Banca, ma dalla stessa Procura di Treviso che ha chiesto al tribunale «di revocare il sequestro preventivo e per equivalente disposto nei confronti di Consoli e di Maria Rita Savastano, avente ad oggetto beni immobili e mobili come indicati nel relativo decreto emesso dal gip in data 19 aprile 2018».
Il colpo di scena
La decisione spetta ora al giudice Bruno Casciarri che dovrà esprimersi anche sulle richieste di archiviazione presentate dalla Procura per lo stesso Consoli e per altre nove persone, tra ex manager della popolare di Montebelluna, imprenditori e membri del collegio sindacale.
La richiesta del sostituto procuratore Massimo De Bortoli di dissequestrare i beni di Consoli ha origine dalla decisione di “falciare” 5 degli 8 capi d’imputazione che la Procura di Roma gli aveva contestato e di chiedere l’archiviazione per i manager Flavio Marcolin (responsabile degli affari societari e legali) e Renato Merlo (responsabile banche estere e partecipazioni) e per gli imprenditori Pietro D’Aguì e Gianclaudio Giovannone. Secondo il consulente tecnico Gaetano Parisi, dirigente di Banca d’Italia, le informazioni “nascoste” avrebbero avuto un impatto «del tutto irrilevante» tanto che «le differenze riscontrate non sono idonee a concretizzare una prospettazione della realtà così difforme da aver alterato, anche potenzialmente, l’operato dell’Autorità di Vigilanza».
Dunque, scrive De Bortoli, «qualora vengano condivise da codesto gip le argomentazioni che precedono, ne consegue che il sequestro preventivo e per equivalente disposto nei confronti di Consoli dovrà essere revocato in quanto riguarda unicamente fatti di cui ai capi 1,4,5 e 6 che sono quelli relativi appunto agli episodi per i quali la espletata consulenza tecnica ha accertato la concreta inoffensività delle condotte».
I beni sequestrati
Nell’agosto 2016 la Procura di Roma aveva chiesto alla Guardia di Finanza di recuperare beni per complessivi 45 milioni di euro. Venne sequestrato Palazzo Anti Veronese, uno dei capolavori dell’Ottocento a Vicenza, vera villa nel pieno della città medievale affacciata al parco di Campo Marzo.
Molto prezioso anche il suo “contenuto”, in parte di proprietà della moglie di Consoli Maria Rita Savastano:si tratta di una cinquantina di pezzi tra quadri e materiale d’arredo di notevole pregio e valore economico.
Qualche esempio? Nella stanza da pranzo del piano rialzato sono state trovate - tra le altre cose - una specchiera in legno da 55 mila euro, un cassettone in noce Luigi XV del 1700 da 180 mila euro, un dipinto di Lodewijk da 85 mila euro.
Al piano rialzato, nella sala centrale, c’erano due consolle del XVIII secolo costate 77 mila euro, mentre nella stanza con camino un piano in ribalta in legno risulta essere stato pagato 190 mila euro. In camera da letto c’è un’icona russa del 1600 di imprecisato valore, mentre nella taverna al piano terra c’è un dipinto di Tommaso Ottieri da 20 mila euro.
Due Ciardi sono appesi nel salone del primo piano. La magistratura ha poi sequestrato titoli per 235 mila euro che sono finiti nel Fondo Giustizia e fondi Arca per 997.363 euro. Il sequestro ha interessato anche i beni di Maria Rita Savastano: al Fug è stata trasferita la somma di oltre 4,7 milioni di euro, riferita per lo più a titoli posseduti appunto dalla moglie di Consoli. Tutti beni di cui ora Consoli potrebbe rientrare in possesso.
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova