La sentenza della Cassazione sul caso Veneto Banca «Per le truffe indaghi la Procura di Treviso»

Le inchieste di Potenza e Verbania azzerate per «incompetenza territoriale» Tutte le vicende giudiziarie saranno riunite nella Marca: si temono ulteriori ritardi

TREVISO. Nuovo round a favore di Vincenzo Consoli. Ieri mattina la Corte di Cassazione ha infatti stabilito, accogliendo il ricorso dell’ex direttore generale, che la Procura competente ad indagare per il reato di truffa, in relazione alla vendita delle azioni di Veneto Banca, è quella di Treviso.

la competenza. L’effetto della sentenza è dirompente perché, come già accaduto in passato per l’inchiesta madre, fa ripartire da zero l’indagine di Potenza (chiusa da poco con la richiesta di rinvio a giudizio per lo stesso Consoli e un’altra quarantina di persone), con ogni probabilità azzererà anche quella di Verbania e costringerà la Procura di Treviso ad ulteriori ritardi per riunire tutte le vicende giudiziarie.

È la seconda volta che la Cassazione accoglie un ricorso per incompetenza territoriale presentato dal legale di Consoli, l’avvocato Ermenegildo Costabile. In precedenza era stata spostata l’inchiesta madre per aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza bancaria da Roma a Treviso.

Ora la Suprema Corte ha stabilito che anche tutte le truffe sono state eventualmente organizzate e portate a termine nella Marca, dove aveva sede l’ex popolare di Montebelluna.

gli effetti. Dovrà dunque ripartire da zero l’indagine appena conclusa a Potenza, dove la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio per l’ex manager e altre 42 persone con l’accusa di truffa aggravata e continuata ai danni di 103 clienti di Banca Apulia, istituto controllato da Veneto Banca.

Secondo i magistrati lucani i risparmiatori, tutti residenti in provincia di Potenza, furono indotti ad acquistare azioni Veneto Banca al costo di circa 40 euro ciascuna mentre alla fine il loro valore è risultato essere di 0,10 centesimi di euro ciascuna. La truffa ammonterebbe a oltre cinque milioni e 326 mila euro.

Secondo la Procura e la Guardia di Finanza ci fu una «macroscopica ed indiscutibile sopravvalutazione» delle azioni di Veneto Banca. I clienti, convinti di «mettere al sicuro i risparmi di una vita», furono indotti ad acquistarle «con artifizi e raggiri» e grazie al fatto che erano «del tutto a digiuno delle più elementari cognizioni economico-finanziarie». Sono complessivamente 43 gli indagati, tra i quali anche alcuni componenti del cda del gruppo Banca Apulia-Veneto Banca: secondo gli investigatori, dirigenti e funzionari avrebbero prospettato a ignari clienti profitti alti e sicuri, mentre in realtà le obbligazioni erano sopravvalutate e offerte in una situazione già di crisi dell’assetto bancario.

Ora tutto dovrà ancora una volta ripartire da zero e il pm Massimo De Bortoli, che a Treviso sta coordinando tutte le indagini sulla crisi dell’ex popolare, si troverà presto sul tavolo nuove pile di fascicoli. 
 

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