La storia della Opitergium romana, ricordando Eno Bellis

ODERZO (TREVISO). Una fila ordinata di anfore panciute, i bronzetti per chiedere il favore degli dei, la storia dei Veneti nostri antichi predecessori, abili mandriani e allevatori di cavalli, che all’animale sacro dedicavano la sepoltura accanto al padrone. Fin dal 1881 la barchessa di palazzo Foscolo a Oderzo sviluppa la storia servendosi dell’archeologia. Gli scavi hanno portato alla luce molte testimonianze in provincia di Treviso, un patrimonio che è stato raccolto, catalogato ed è ora esposto al Museo “Eno Bellis”.
La targa del museo rende omaggio al grande storico e scrittore opitergino Eno Bellis, vissuto nel Novecento. Dopo il diploma in ragioneria, Bellis decide di coltivare la sua passione dedicandosi allo studio della storia di Oderzo, la sua città natale, di cui divenne podestà negli anni ’30 e fautore di iniziative culturali e sportive.

Pioniere della ricerca storica, a lui si deve il consistente patrimonio di reperti e documenti che compongono l’allestimento e la biblioteca dei volumi a tema. Intellettuale appassionato, Bellis condusse insieme alla Soprintendenza una serie di campagne di scavo sulla topografia della città antica di Opitergium e nella vicina periferia, andando a scavare nel 1955 alla Mùtera di Colfrancui avendo la conferma che si trattava di una collinetta artificiale, creata dai Paleoveneti. Un lembo di terra usato come punto di osservazione, dal quale si poteva abbracciare con lo sguardo la pianura dell’opitergino mottense, oggi tappezzata di mais e vigneti.

Le sale sono tre. Una macchina del tempo che fa la sua prima tappa nella preistoria.
La città opitergina era un piccolo agglomerato di capanne dove si viveva plasmando e commerciando la ceramica. Un plastico, ispirato alla scoperta di un’abitazione in via delle Grazie, a pochi passi dal museo, aiuta a capire. «I numerosi reperti esposti testimoniano la cultura materiale dell’insediamento in cui accanto alla componente locale trova significativo riscontro la presenza di merci di importazione: ceramica attica e in epoche più recenti anfore dall’Italia meridionale» spiegano gli esperti. La religione non era aspetto di poco conto, i lutti così frequenti, i nostri avi non vivevano più di 35 anni. Oltre alle malattie, terribili sciagure dovevano essere scongiurate guadagnandosi il favore degli dei, custodendo i morti nelle necropoli e offrendo doni in sacrificio alla divinità.

La storia della Opitergium romana rimanda a visitare alcuni percorsi storici muniti di scarpe da trekking mentre la terza sezione accoglie le anfore recuperate durante gli scavi cittadini a ridosso dei corsi d’acqua che erano la via dei commerci. L’incontro più atteso: uno splendido cavallo di cui sono stati ritrovati scheletro e bardatura intatti, simboleggia, più di tutto il resto, il virtuale passaggio di consegne tra lo storico Eno Bellis e il moderno mecenate Guglielmo Marcuzzo. Il recupero dell’esemplare grazie all’impegno della Fondazione Oderzo Cultura insieme alla Soprintendenza è l’apice della visita. L’animale ritrovato a Oderzo nella tomba 49 dove riposava dal V secolo a. C. non ha eguali nel nostro Paese. La presenza di una ricca bardatura di ferro e bronzo rimanda ai versi in cui Omero decantava le gesta del popolo veneto e la fama dei suoi cavalli da corsa, grazie ai quali Leone di Sparta vinse nell’antica Grecia la 85esima edizione delle Olimpiadi.

Museo Archeologico “Eno Bellis”, Palazzo Foscolo - via Garibaldi, 63 Oderzo (TV)
Per informazioni 0422 718013
Da venerdì a domenica, 14-19 Durante la settimana su richiesta per gruppi
Ingresso 6 euro (ridotto 4 euro)
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