Le intercettazioni: «Ho anche il tirapugni Taser micidiale per rompere i legamenti»

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«Io ho anche il tirapugni...’’Con ll tirapugni? lo ammazzi, . . . io ho paura che con il tirapugni lo ammazzi. Pensaci, non è che gli devo dire “scusa viene un attimo?”’. Si gira e «bam’». O ancora, a proposito dell’uso del taser: «Quello per rompere i legamenti è micidiale». Organizzazione gerarchica, intimidazioni, rapporti con l’amministrazione pubblica: c’è l’armamentario tipico della “mafia silente” nell’ordinanza con cui il tribunale di Venezia ha portato a galla la locale ’ndranghetista trapiantata al nord. E cioè quel metodo intimidatorio tipico delle consorterie mafiose attive al Nord, che insieme ad atti di violenza e minacce si avvale della fama criminale del proprio territorio d’origine. La Calabria, in questo caso.
C’è quanto, ad esempio, capitato nella sala slot di via Garibba quando Alfredo Giardino viene licenziato per giusta causa. In questo caso, per come ricostruito durante le indagini, Keiber Castillo denuncia degli ammanchi di cassa, riconducibili a uno dei rampolli della famiglia. Ne nasce una vera e propria spedizione punitiva ad opera di Francesco e Ruggero. Al pestaggio a sangue, in pieno giorno e davanti a testimoni, si aggiunge la minaccia: «Tu e la tua capa siete morti». Una prova di forza per affermare la supremazia criminale sul territorio. Lo dimostra la mancata denuncia da parte della titolare, Daniela Saccardo. Una riluttanza con ragioni più che fondate, dal momento che un agente della polizia penitenziaria, Giuseppe Carnesi, le aveva sconsigliato di denunciare l’accaduto ben conoscendo lo spessore criminale dei coinvolti.
Uno spessore mai celato, nemmeno quando dall’altra parte della cornetta c’erano dipendenti di banca. «Tu hai presente l’operazione che hanno ad Isola di Capo Rizzuto?», chiede Domenico Mercurio, «Quella che hanno arrestato il prete e tutto quelli compagnia bella...io sono appena uscito!». Tenore identico a quello tenuto con alcuni addetti alla riscossione crediti, per conto della Agos Ducato. E tra le vittime dell’estorsione c’è anche la titolare della Coigen di Este, “accusata” di un danno economico contro l’affiliazione da 63 mila euro. «So che hai tre figli», la minaccia rivolta all’imprenditrice da parte di Antonio Lo Prete e Arcangelo Iedà.
Che Nicola Toffanin, “l’avvocato”, rivesta un ruolo chiave lo dimostrano poi le decine e decine di intercettazioni. In cui non nasconde il vanto di appartenere all’organizzazione criminale. Nel settembre 2017, ad esempio, gli viene conferito l’incarico di impartire una lezione ad un personaggio di Milano: «...riesci a fargli proprio pelo e contropelo!...e a livello fisico proprio eh!». Eccolo, l’uso della violenza fisica come forma di punizione per aver gestito un affare in maniera diversa da quanto previsto. E la vittima, secondo i giudici, è l’amministratore della BI International e della Intimax srl.«Questo è andato a Tunisi per conto suo...si voleva fottere il contratto», «Mandami tutti gli estremi, dai che andiamo».
E poi, quegli agganci nella pubblica amministrazione. C’è sempre Toffanin in mezzo alla vicenda che vedrebbe coinvolti Ennio Cozzolotto e Andrea Miglioranzi, rispettivamente presidente e condirettore di Amia, la municipalizzata dei rifiuti, oltre a Francesco Vallone (gestore del centro studi Enrico Fermi). Toffanin metteva in contatto Vallone con Miglioranzi: «Cosa faccio fisso un appuntamento con la Presidenza?», chiede il primo riferendosi allo stesso Miglioranzi. In ballo, c’è la questione legata ai corsi di formazione e alla possibilità di lucrarci sopra. E gli incontri tra i tre, registrati dalla polizia durante gli appostamenti, c’erano eccome. «C’è l’escamotage per poter...poter fare, diciamo...mhm...arrivare all’importo, voglio dire», chiede Vallone a Miglioranzi. «Certo», risponde quest’ultimo, mostrando come arrivare all’importo corretto per vincere il bando. Rapporti via via sempre più consolidati nel tempo, tanto che Miglioranzi invita Toffanin e Vallone alla Fiera di Verona. Compaiono le intercettazioni in cui Toffanin parla con la titolare di Veneta Investigazioni del suo incontro con «Flavio» (Tosi) a proposito dell’incarico all’agenzia per attività investigative durante la campagna elettorale in favore di Patrizia Bisinella, sua compagna. «A questo nuovo inquilino», dice Toffanin a proposito di Sboarina, «le pulizie (bonifiche) le facciamo tramite te, però la fattura fagliela fare a Teo. Non vorrei che questo domani, abbiamo due fatture, una dal vecchio inquilino e una con il nuovo. Diventerebbe imbarazzante per me e per il vecchio (per Tosi) capisci? (...) Io alle 17 mi trovo con lui». E in effetti il 3 luglio 2017, l’incontro avviene. Al bar “Primo Kilometro”, Tosi a bordo della sua auto blindata, Miglioranzi su una macchina dell’Amia e Toffanin da solo. —
eugenio pendolini
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