L’incendio dello yacht chiesto da Crosera «Bisogna fare la festa» «Troppe telecamere»
INTERCETTAZIONI
C’è l’incendio, solo in parte riuscito, allo yacht dell’imprenditore italo-svizzero Luigino Pagotto, ma anche il rogo commissionato ai due albanesi Illy Shehu e Valentin Lufi di una vecchia Jaguar. Il proprietario è Gennaro Cesare Celentano, secondo gli investigatori titolare della darsena Marina di Portegrandi, proprietario quindi di alcuni terreni cui Francesco Crosera era interessato, perché adiacente al suo cantiere nautico. L’auto va a fuoco all’inizio del novembre 2017. Un mese dopo va a fuoco un furgone Iveco Daily, parcheggiato nella casa di Crosera. L’imprenditore di Meolo se lo era fatto prestare da un artigiano. Secondo l’inchiesta Crosera - arrestato e in carcere - avrebbe chiesto di incendiarlo per riscuotere così i soldi dell’assicurazione.
«Io gli ho detto “guarda se non è oggi sarà domani...bisogna fare la festa qua”. Non gli ho detto che non ci vediamo più, scherzi? ! Bisogna avere un po’ di pazienza e trovare il momento, anche perché non è così...Adesso ci sono belle serate, insomma non piove, non c’è vento, si può star fuori anche fino a tardi...».
È il luglio del 2017 e l’imprenditore veneziano Francesco Crosera è al telefono con Domenico “Gheddafi” Multari, l’esponente della ’ndragheta, residente a Zimella (Verona), vicino alla cosca di Nicolino Grande Aracri. E’ arrabbiato perché i suoi emissari non sono riusciti a “fare la festa”, a incendiare lo yacht come invece era stato deciso, dopo l’incendio fallito due anni prima. Multari infatti è l’uomo cui Crosera si è rivolto per risolvere il suo problema.
Nel maggio del 2014 ha venduto Terry I, uno yacht da 2 milioni di euro, all’imprenditore italo-svizzero ma l’imbarcazione è piena di problemi: non raggiunge la velocità stabilita, la zona poppiera va sott’acqua. Vizi per almeno 300 mila euro. Pagotto, come stabilito dal contratto di compravendita, avvia un arbitrato per la quantificazione dei danni. Ma Crosera non ne vuol sapere, cerca di boicottare le perizie del tribunale di Sassari, rivolgendosi alla ’ndragheta per risolvere il problema. Il primo tentativo di incendio il 12 aprile del 2015 va solo in parte a buon fine. Gli uomini mandati da Multari per conto di Crosera sono Mario Falbo e Dante Attilio Mancuso, partiti da Treviso con destinazione Alghero. Il danno è di 60 mila euro e la procura di Sassari non ha dubbi sulla natura dolosa del rogo. Le telecamere di sicurezza inquadrano due uomini mentre scappano dopo aver appiccato il fuoco. Altri due tentativi andati a vuoto: tra il il 25 e il 26 giugno e tra l’1 e il 2 luglio. Nuovo tentatico: il 7 luglio del 2017 Domenico Multari e Francesco Crosera si incontrano a Marghera per la consegna del denaro necessaria a pagare gli spostamenti dei due esecutori. Sono Mario Falbo e Radames Mancuso, figlio di Dante, coinvolto nel primo rogo del 2015.
Lo yacht è a Olbia, cantiere Pinna. In un luogo sorvegliato, dove è impossibile intervenire. A Olbia c’è anche Crosera, perché in quei giorni è programmata una perizia. Crosera e i due cercano di parlarsi senza dare nell’occhio. Per i due emissari intervenire è impossibile. Falbo lo dice al telefono con Gheddafi: «Non si può fare, il lavoro non si può fare MI’».
Falbo dice che anche Crosera sarebbe d’accordo (anche se Crosera al telefono con Multari smentisce). Falbo al telefono con Multari, riferendosi a Crosera: «Ho parlato con lui...seduti a bar, ci siamo presi il caffè...,e a “umma umma” abbiamo parlato !!! Mi ha detto “non si può far niente...che ci sono troppe telecamere...troppe...”. Crosera però si arrabbia, perché secondo lui l’incendio si poteva appiccare, bisognava solo avere un po’ di pazienza e aspettare il momento giusto. Deluso dai Multari, Crosera si rivolge ai due albanesi Shehu e Lufi: 100 mila euro per distruggere l’intero cantiere a Olbia «così da rendere più difficile capire», si legge nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere del gip Barbara Lancieri, «quale fosse la reale matrice di quell’accadimento». I due però andranno da Pagotto (tutelato dall’avvocato Daniele Solinas, che nel frattempo aveva denunciato tutto) offrendo per 60 mila euro le registrazioni in cui si sente Crosera offrire loro centomila euro per distruggere il cantiere dove è ormeggiato Terry. Gli albanesi prenderanno l’acconto di 40 mila euro per poi darsi alla macchia. —
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova