Lorenzo Fidora, imprenditore padovano del vino bio, è sotto inchiesta per caporalato

Il padovano Lorenzo Fidora indagato della procura di Verona le accuse: intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.  L'accusa è di aver impiegato in modo continuativo squadre di operai – anche immigrati irregolari particolarmente ricattabili – messi a disposizione da Said El Maaroufi, il coordinatore del gruppo criminale
frigo agenzia fotofilm san polo profughi vendemmia a. agricola italo cescon
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VERONA Ha coinvolto anche un nome noto dell’imprenditoria padovana l’ultima inchiesta messa segno dalla procura di Verona contro il caporalato e lo sfruttamento della manodopera in agricoltura.

Così Lorenzo Fidora, conosciuto imprenditore nel campo dei vini, e con vasti interessi nel settore immobiliare, vicepresidente di Confagricoltura Padova, nei giorni scorsi, si è visto recapitare un’ordinanza applicativa della misura cautelare firmata dal giudice Luciano Gorra, in cui, in compagnia di un pugno di rinomati imprenditori veronesi, è imputato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.

In realtà la richiesta di arresti domiciliari, formulata del pubblico ministero, per Fidora è stata respinta dal giudice per le indagini preliminari. Ma resta in campo l’accusa di aver impiegato in modo continuativo squadre di operai – anche immigrati irregolari particolarmente ricattabili – messi a disposizione da Said El Maaroufi, il coordinatore del gruppo criminale, «sottoponendoli a condizioni di sfruttamento e segnatamente: ritmi di lavoro sfiancanti (anche in nero) con turni di 10-12 ore (viaggio compreso), compensi/retribuzioni nettamente inferiori a quelli previsti dai contratti collettivi nazionali, reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro».

Il rapporto con l’organizzazione di Said El Maaroufi sarebbe continuato dal 2018 fino al febbraio di quest’anno per un totale di 17.258 ore di lavoro assicurate all’imprenditore padovano dall’organizzazione criminale.

Oltre a Said El Maaroufi e altri comprimari a lui legati, dell’organizzazione facevano parte l’albanese Lala Bledar, nelle vesti del vero e proprio caporale incaricato di sorvegliare e coordinare le squadre di operai nei campi, e Gianna Maria Pastorani, consulente del lavoro, vicentina, ma originaria di Campodoro nel padovano, che aveva l’importante incarico di predisporre «la documentazione amministrativa, fiscale e previdenziale funzionale alla creazione di un quadro di apparente regolare gestione amministrativa della cooperativa» quando la cooperativa Tre Stelle di regolare non aveva nulla a partire dalle buste paga fasulle ricevute dai lavoratori. A fianco della Pastorani, già coinvolta in passato in inchieste per permessi di soggiorno fasulli, la figlia Elena Carolo, commercialista.

Il tutto sarebbe avvenuto nelle tenute veronesi di Fidora sulle colline affacciate sulla vallata di Montorio e nella Val d’Illasi. Siamo nel cuore della Valpolicella con la produzione di vini d’eccellenza e margini di redditività stellari. Solo la tenuta della Val d’Illasi è di 24 ettari con una produzione annua che si aggira sulle 250mila bottiglie.

Le proprietà di Lorenzo Fidora non si limitano al veronese ma riguardano anche il trevigiano, a Valdobbiadene, la patria delle preziose bollicine in bottiglia e al veneziano, nella Tenuta Civranetta a Cona dove c’è la storica azienda di famiglia. Le società del gruppo hanno tutte sede a Padova nella centralissima via Dondi dell’Orologio.

Fidora è sinonimo di vino biologico, il padre Guido – morto nel 2015, uomo colto e profetico, molto attivo nel mondo ambientalista – introdusse il metodo bio per la produzione del vino nel lontano 1973 quando questo tema era sconosciuto ai più. —
 

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