Luca Dal Zilio, il genio veneto dei terremoti. «La Fisica ci dice dove accadranno»

Trentaduenne di Quinto lavora al Caltech, prestigioso istituto di ricerca dell’Università di Pasadena: «Prevederli non è possibile»
TREVISO. Il paradosso è che la pandemia lo costringe da un anno a sviluppare modelli matematici dal suo appartamento, a neanche un chilometro dal Caltech. Sì, il prestigioso istituto di ricerca di Pasadena, in California. Smart working “spinto” e con una meta precisa: provare a capire il rischio sismico in base alle leggi della fisica, superando l’abituale canovaccio della storicità.
 
Un salto di qualità nello studio dei terremoti che vede in prima linea il sismologo Luca Dal Zilio, 32enne di Quinto. Un piccolo “Mercalli” che ha cercato la svolta Oltreoceano.
 
Dal Zilio, che progetto porta avanti negli States?
 
«Lavoro su modelli matematici che simulano i terremoti. Di più semplificati ne esistevano già, ma spesso ci si concentrava solo sulle faglie e non su ciò che c’è attorno. Sono modelli che elaborano processi che possono durare milioni di anni».
 
Qual è il passo avanti della sua ricerca? 
 
«Oggi il rischio sismico di una determinata area si fonda in prevalenza sulla storicità e statistica. Ossia si stabilisce che una zona è ad alto o basso rischio in base ai terremoti del passato. La storicità però è un limite, non sempre si riesce a contare su documentazioni precise. E, soprattutto, di una faglia non puoi mai avere la storia completa. Un percorso d’analisi limitato. Così provo a studiare il comportamento sismico di una zona in base a modelli che tengono conto delle leggi della fisica. Modelli che ci farebbero capire dove c’è più incidenza, ricordando che i processi preparatori di un terremoto possono durare decenni o secoli. Premessa: non stiamo cercando di prevedere i terremoti, perché oggi non è possibile farlo. Ma cerchiamo almeno di capirli».
 
Dovesse entrare nel dettaglio?
 
«Una faglia s’attiva in pochi secondi, il terremoto si genera così. Ma è solo la botta finale di un processo lunghissimo, accumuli di stress che si concretizzano in spostamenti di pochi millimetri all’anno. I modelli consentono di simulare i vari cicli sismici di una faglia: ci sono zone ritenute a basso rischio, solo perché magari la documentazione storica è scarna». 
 
Su quali aree vi state soffermando?
 
«Cerchiamo di approfondire la suscettibilità ai mega terremoti, di magnitudo 8 o 9 come Sumatra 2004 o Giappone 2011. In particolare, mi sono concentrato su un’area del Nord America, dove è in corso un processo di subduzione e già nel 1.700 si verificò un terremoto devastante».
 
Come si svolge il suo lavoro? 
 
«Utilizzo normali pc, posso operare senza problemi da casa. Mi collego da remoto ai supercomputer collocati nel centro di ricerca. A questo progetto lavora un team di 12 geologi e geofisici, io l’unico italiano». 
 
Il percorso di studi?
 
«Mi sono laureato in Geofisica a Padova nel 2014, poi il dottorato di ricerca a Zurigo. Quattro anni in Svizzera, collaborando con l’École normale supérieure di Parigi. Dal gennaio 2019 mi trovo al Caltech, istituto di ricerca piccolo ma di valore mondiale. Qui gestiscono un migliaio di studenti, lavoro al Dipartimento di Ingegneria Meccanica e nel laboratorio di Sismologia». 
 
La passione per la geologia?
 
«Mi ha sempre affascinato la montagna, l’ho frequentata fin da giovanissimo. Mi interessava comprendere l’origine delle rocce, il perché di certi paesaggi o delle fosse oceaniche. Volevo approfondire il processo di formazione delle catene montuose. Scoprire le radici delle Dolomiti».
 
Obiettivi?
 
«Continuare a fare ricerca ad alto livello è molto stimolante. L’utilizzo del termine “cervello in fuga” appartiene a un modo di ragionare un po’ arcaico, credo oggi un’esperienza all’estero sia fondamentale. Per la mentalità che sviluppi, almeno nel mio ambito. Se tornerò in Italia? Dipende da quello che capita. Dopo qualche anno, diventi cittadino del mondo. Diventi flessibile, ti abitui».
 
Il tempo libero? 
 
«Corsa, corsa in montagna, tennis, surf. E le spiagge di Santa Monica sono a meno di un’ora. Pasadena ricorda ai calciofili la sconfitta ai rigori dell’Italia al Mondiale Usa ’94?Non sono appassionato di pallone, l’ho scoperto quando mi sono trasferito. Io del rigore sbagliato da Baggio non ne sapevo nulla».

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